Chi pensa che la dieta mediterranea sia quasi esclusivamente vegetale, con scarsa presenza di carne e prodotti animali, dovrà ricredersi. Anzi, oltre ad essere ben presente, la carne è unita alla dieta mediterranea da un antico legame.
La gallina ripiena, polpettone di manzo, involtini e cotolette di pollo, vitello o maiale, sono solo alcuni dei piatti tipici a base di carne dell’alimentazione mediterranea, per non parlare della lunga lista di salumi Dop e Igp, che vantano tradizioni millenarie.
La carne non è solo il piatto principale di prelibati secondi della tradizione mediterranea, ma anche ingrediente di sughi come condimento della pasta, della lasagna o di ripieni: si prepara un sugo di carne, composto di carne tritata e prosciutto crudo o cotto, oppure dadini di pancetta con sedano, cipolle e carota tritati, aromatizzati con vino e spezie, a seconda della ricetta, per riempire melanzane, carciofi, arancine e timballi.
La carne è sempre stata simbolo di abbondanza, della raggiunta agiatezza e della sconfitta della malnutrizione e veniva per questo messa in tavola in segno di festa, quasi come un rito per scongiurare la penuria di cibo e la carestia, paure radicate nella popolazione fin dai tempi antichi.
Con il boom economico aumenta significativamente il consumo di carne accompagnando lo sviluppo ed il rafforzamento del ceto medio: cresce il benessere e la longevità degli italiani, che anche grazie alle proteine animali ad alto valore biologico e al miglioramento del proprio regime alimentare, hanno potuto esprimere al meglio le proprie potenzialità genetiche, crescendo maggiormente anche in altezza.
Andando ancora più indietro nel tempo scopriamo che mangiamo carne praticamente da sempre, fin dalla preistoria, quando eravamo popoli di cacciatori e proprio grazie alla carne ci siamo evoluti e siamo diventati quelli di oggi. È recente, infatti, la scoperta che nella carne c’è la nicotinamide, la vitamina dell’intelligenza, che ha avuto un ruolo chiave nel processo evolutivo dell’uomo, permettendo un cervello più grande e maggiori capacità cognitive.
La sua presenza nella nostra alimentazione e nella nostra cultura si è protratta nel tempo, diventando alimento nobile della mediterraneità: mangiarla è anche allegria, gioia e convivialità, perché ha il pregio di riuscire a unire le persone in tavola, mentre il rifiuto della carne, oltre al significato religioso e di punizione, esprime al contrario il rigetto della società.
La dieta mediterranea, di cui si è celebrato negli scorsi giorni il decimo anniversario come patrimonio immateriale Unesco dell’umanità, è l’unica oggi universalmente riconosciuta come in grado di prevenire malattie croniche, metaboliche e tumorali, come il diabete, obesità, patologie cardiovascolari e Alzheimer. E allunga anche la vita: grazie alla dieta mediterranea siamo tra i più longevi e sani al mondo, con la Sardegna tra le zone blu del pianeta, con la più alta concentrazione di centenari.
Porcetto sardo, salsicce, prosciutti, pancette, formaggi, vino e olio: queste le prelibatezze mediterranee che non possono mancare sulle tavole dei sardi e non solo, per non parlare di particolari abitudini dei nostri nonni, come quella di insaporire la pasta e fagioli con la cotenna del maiale, perché il poter mangiare carne era e rappresenta sempre tutt’oggi per loro un qualcosa di rassicurante.
I bovini hanno sempre accompagnato l’uomo, fornendo non solo carne e latte, ma tutto ciò di cui la famiglia aveva necessità, come la trazione agricola nei campi ed il fabbisogno energetico, mentre l’uccisione del maiale garantiva carne tutto l’anno. La tradizione popolare si è poi indirizzata verso la produzione di insaccati: la tecnica di lavorazione e conservazione delle carni di manzo e maiale, salandole e facendole essiccare, ha radici molto antiche e riguarda proprio l’area del Mediterraneo, con raffigurazioni dei primi salami e salsicce perfino nelle tombe egiziane.
Insomma, i nostri antenati hanno tanto da insegnarci a tavola e conoscere l’antico legame tra carne e dieta mediterranea può aiutarci a capire che il dilemma odierno sul suo consumo non ha ragione di esistere.