Limitare l’uso degli antibiotici in allevamento oggi è sempre più urgente, ma anche possibile.
Le moderne strategie basate sulla biosicurezza e sulla prevenzione sono ormai in grado di facilitare il compito dell’allevatore, che deve però essere competente e conoscere al meglio la situazione all’interno del proprio allevamento.
Alla Giornata della Suinicoltura, appuntamento rivolto a tutti gli stakeholders del settore che si è tenuto il 13 novembre scorso a Cremona, gli esperti del settore hanno convinto il pubblico in sala che la lotta all’antibioticoresistenza negli allevamenti suinicoli è possibile.
«L’Italia, rispetto ad altri paesi Ue, consuma molti antimicrobici – ha affermato Loris Alborali, responsabile sezione diagnostica Izler Lombardia ed Emilia Romagna – ma grandi passi avanti sono stati fatti a partire dal 2010, in circa nove anni siamo quasi riusciti a dimezzare il consumo di antimicrobici: da 421 a 274 (mg/pcu)».
Rimane alto il margine di miglioramento per il nostro Paese che sempre di più vede l’impegno da parte dei suoi allevatori.
«Siamo giunti oggi a due importanti traguardi: il primo, la ricetta elettronica e, il secondo, l’innovativo strumento di autocontrollo approvato dal Ministero della Salute nei mesi scorsi (Classyfarm). Ora è importante capire come può l’allevatore continuare nel suo intento e migliorare la situazione in attesa che arrivino i primi dati dagli appena citati sistemi di controllo».
Grande attenzione anche ai piccoli particolari
«I primi passi da compiere – ha spiegato Jeroen Dewulf, docente presso il dipartimento di ostetricia, riproduzione animale e salute dell’università di Ghent in Belgio – sono sicuramente l’ottimizzazione della razione alimentare, il miglioramento delle condizioni di vita del suino e l’applicazione di misure di biosicurezza.
È molto importante creare le condizioni ideali in allevamento affinché le malattie possano essere prevenute».
Sono molti quindi, secondo quanto riportato dall’esperto, gli accorgimenti a livello gestionale che l’allevatore può mettere in atto al fine di favorire un ambiente sano, che consenta agli animali di non ammalarsi.
«L’utilizzo di una doccia prima di entrare in allevamento a esempio – ha spiegato Dewulf - è una buona pratica che aiuta a prevenire la diffusione di patogeni in allevamento. Come questa, anche lavarsi le mani ogni qualvolta si entra in allevamento è un’abitudine fondamentale per garantire un alto livello di biosicurezza».
«Dobbiamo prestare attenzione a moltissimi particolari che possono rappresentare un rischio per la salute dei nostri animali – ha continuato Dewulf -: il camion che entra in allevamento, a esempio, rappresenta un potenziale rischio di trasmissione di patologie. Se il camion entra con elevata frequenza, il rischio sarà molto alto».
Puntare sulla biosicurezza può quindi portare a un minor rischio di diffusione di malattie e di conseguenza a un impiego minore di farmaci.
«Prima di ridurre gli antibiotici – ha aggiunto Dewulf - tuttavia è fondamentale che ogni allevatore sia consapevole del proprio livello di biosicurezza, in modo tale da intervenire con ulteriori acccorgimenti qualora fosse necessario. È importante infatti che l’allevatore, prima di ridurre l’impiego di farmaci, faccia tutto il possibile affinché le condizioni di biosicurezza e quindi le misure di prevenzione siano ottimali. Compito del veterinario è dunque anche quello di capire il grado di consapevolezza dell’allevatore sui problemi interni dell’allevamento, utilizzando un approccio basato sul dialogo. Da alcuni recenti studi effettuati in campo, è stato dimostrato che quanto più elevata è la consapevolezza dell’allevatore, tanto più ridotto è l’uso degli antibiotici, con risultati molto positivi da un punto di vista di salute degli animali».
Parlando di consumi
«Facendo un’analisi approfondita sui consumi di antibiotici negli allevamenti suinicoli italiani – ha affermato Alborali – vediamo come la quota prevalente sia costituita dai trattamenti di massa, pratica che si dimostra sempre più dispendiosa e spesso inefficace».
Per quanto riguarda l’uso di antibiotici cosiddetti critici, ha spiegato Alborali, «molti obiettivi sono stati già raggiunti nel nostro Paese, ma rimane ancora molto lavoro da fare. In termini assoluti il ricorso a questo tipo di medicinali oggi non è elevato, dal 2007 la riduzione sta avvenendo in maniera passiva e costante».
«Parlando di consumi – ha continuato Alborali - dobbiamo fare riferimento ai dati prodotti internamente a ogni singolo allevamento e non a Esvac (che invece lavora a livello europeo). In questo modo i dati risulteranno anche più attuali. L’obiettivo è quindi quello di ridurre i consumi, in particolare i Ddd (Giorni di trattamento a cui ogni animale viene sottoposto nel corso dell’anno) e gli antibiotici critici (Cefalosporine, fluorochinoni, macrolidi, glicopeptidi e polimixine). Ma concretamente cosa si può fare? La prima strategia da applicare – ha dichiarato l’esperto - è certamente quella di ridurre l’impiego di mangimi medicati (e quindi la somministrazione di massa), in seconda battuta ridurre l’impiego di antibiotici critici. Per fare ciò è fondamentale che l’allevatore segua il decalogo delle linee guida del Ministero della Salute e faccia valutazioni soggettive, interne a ogni singola realtà aziendale dal momento che le aziende sono molto diverse tra loro: alcune hanno più bisogno di biosicurezza, alcune di più interventi sull’alimentazione».
Nel 2020 il settore avrà a disposizione dati molto importanti, frutto del monitoraggio (ricetta elettronica e autocontrollo) e potrà così intervenire sulle aziende critiche in maniera mirata.
«È fondamentale che l’allevatore sia a conoscenza di quanti giorni all’anno di trattamento antibiotico effettua e quindi quanti Ddd».
Anche le modalità di somministrazione influisce
«Ridurre l’impiego antibiotici non vuol dire lasciare gli animali ammalati – ha puntualizzato Annalisa Scollo, medico veterinario libero professionista -. Certamente le filiere antibiotic free possono risultare a volte dannose per la salute degli animali, ma solo quando non ben razionalizzate. Ridurre gli antibiotici in allevamento non significa necessariamente ridurre anche altre tipologie di farmaci».
Anche Scollo, in occasione della Giornata della Suinicoltura, ha spiegato quale secondo lei dovrebbe essere la strada corretta da percorrere per vincere la lotta all’antibioticoresistenza. «Innanzitutto è fondamentale che da una medicazione di massa si passi a una somministrazione individuale. La somministrazione di massa infatti, seppur sia particolarmente pratica, comporta non pochi svantaggi. La somministrazione con mangimi medicati a esempio è certamente comoda e precisa, poiché il dosaggio del farmaco risulta preciso, per contro, nel caso in cui l’animale fosse inappetente, si rischierebbe una scarsa o mancata assunzione del medicinale e casi di antibioticoresistenza».
Relativamente alla pratica di aggiungere l’antibiotico direttamente nella vasca di alimentazione, ha affermato Scollo, «l’assunzione dell’antibiotico da parte dall’animale è favorita ma si possono facilmente verificare delle imprecisioni nel momento in cui l’operatore distribuisce l’antibiotico in mangiatoia».
Infine, la somministrazione con acqua, ha sottolineato Scollo, «è favorevole per garantire l’assunzione da parte di quegli animali che non hanno appetito; la conseguenza negativa tuttavia è l’ingente spreco di prodotto».
«È per questi motivi che la somministrazione individuale tramite iniezione – ha concluso Scollo – risulta certamente più vantaggiosa seppure più scomoda. L’antibiotico iniettabile, in termini di consumi e quindi di Ddd, ha sempre un peso inferiore rispetto a quello di massa».
«Infine, è di fondamentale importanza che il personale dell’allevamento sia formato e specializzato. Uno dei compiti del personale è infatti quello di accorgersi della sofferenza dell’animale, la prima arma di prevenzione».
Strumenti alternativi
Sempre in un’ottica di riduzione di antibiotici, «non dobbiamo dimenticare – ha fatto presente Alborali - che esistono strumenti alternativi come acidificanti, immunomodulatori, batteriofagi, prebiotici, ecc… che garantiscono un alido aiuto per l’animale in termini di mantenimento di uno stato ottimale di salute. Allo stesso modo anche i vaccini sono fondamentali per prevenire i problemi legati alla salute.