Prendendo spunto dall’intervento della professoressa Sandra Edwards, della School of agriculture, food and rural development della Newcastle University, all’Innovation Conference organizzato da Bpex, ripercorriamo aspetti più o meno noti che si sono dimostrati fondamentali nell’alimentazione della scrofa con riferimento particolare al rapporto tra nutrizione e fertilità, nutrizione e sopravvivenza dei suinetti.
Gli effetti sulla sopravvivenza embrionale
Sebbene ormai da anni si vada dicendo dell’importanza del flushing alimentare nel periodo che va dallo svezzamento al calore, visitando gli allevamenti ancora si vede come tale pratica non sia recepita come cruciale in quanto spesso rischia di essere mal applicata. Eppure la correlazione tra flushing e numero e qualità di ovuli rilasciati dalla scrofa dovrebbe essere ormai nota a tutti. Altro aspetto che è stato rimarcato da Sandra Edwards e che forse non è altrettanto noto è il fatto che la quantità e qualità di alimento che viene somministrata nella fase dallo svezzamento al calore ha un impatto sulla sopravvivenza embrionale superiore rispetto a tutto ciò che si può fare da un punto di vista alimentare successivamente alla fecondazione.
La relatrice ha evidenziato come diete con alti contenuti di fibre fermentescibili, a base di polpe di barbabietola incluse fino al 40%) abbiano sulla scrofa effetti a livello ormonale simili a quelli che si possono indurre con alti livelli alimentari.
In figura 1 e 2 si mostrano i risultati positivi che tali diete ad alto contenuto di fibra hanno sia sulla pulsatilità dell’LH che sulla concentrazione di progesterone. Andando ad approfondire le indagini, si vede inoltre come gli ovociti siano più maturi al momento dell’ovulazione, si confermi una maggiore sopravvivenza embrionale e, altro punto tutt’altro che trascurabile, valutando la qualità di tali embrioni si possa prevedere che il numero di suinetti sottopeso alla nascita sia inferiore.
Studi olandesi fatti in diverse riprese, confermano le conclusioni tratte dallo studio di Ferguson e collaboratori. Nel primo caso si tratta di diete ad alto contenuto di fibre fermentescibili, mentre nel secondo caso si giunge ai medesimi risultati utilizzando mangimi integrati con destrosio e lattosio il che fa pensare che non sia il tipo di ingrediente il fattore determinante, ma bensì la fermentescibilità intrinseca della materia prima utilizzata.
In tabella 1 e 2 si presentano i risultati degli studi olandesi ottenuti rispettivamente su 900 e 157 covate.
Il ruolo degli aminoacidi
Se gli studi precedenti erano più o meno noti, anche se si tende tuttora a sottostimare l’effetto che l’alimentazione nella fase dallo svezzamento al calore può avere in quanto può incidere addirittura fino al numero di suinetti nati e alla variabilità nel peso alla nascita, sicuramente meno noti sono gli studi presentati dalla relatrice circa il rapporto tra aminoacidi e qualità della placenta, aminoacidi e sopravvivenza, aminoacidi e peso dei suinetti. Ma andiamo per gradi.
Innanzitutto, è stato presentato il ruolo dell’arginina in termini di componente fondamentale ai fini della vascolarizzazione dei nuovi tessuti come può essere la placenta nelle prime fasi della gestazione. In tale ottica si sono presentati i lavori di Hazeleger e collaboratori i quali hanno dimostrato sia su scrofe, sia su scrofette come l’integrazione di L-arginina (25 g/d) nella fase iniziale di gestazione abbia portato effetti favorevoli in termini di sopravvivenza embrionale e di suinetti nati (tabella 3). Rimane da definire con esattezza, attraverso studi su larga scala, quale sia il periodo più corretto in cui intervenire con l’integrazione aminoacidica.
Risultati analoghi alla prova olandese si sono ottenuti negli Stati Uniti dove si sono aggiunti alla dieta due aminoacidi contemporaneamente (arginina e glutammina) ottenendo differenze significative in termini di nati vivi, peso alla nascita, nati morti, incidenza dei suinetti leggeri e variabilità nel peso. Tutti i dati sono riassunti in tabella 4.
Interessante lo studio riassunto in tabella 5 dove si vede come scrofe alimentate in fase di gestazione con 125mg/g di L-carnitina abbiano partorito suinetti più robusti e in grado di crescere maggiormente. Infatti, i suinetti che al 3° giorno di lattazione passavano più tempo a poppare, erano quelli nati da scrofe che avevano ricevuto la supplementazione di carnitina.
Non solo, ma anche i suinetti nati da scrofe che avevano ricevuto la carnitina e che poi erano stati trasferiti ad altre scrofe (del controllo) manifestavano il medesimo comportamento, segno che in fase di gestazione anche i suinetti traggono giovamento dal consumo di carnitina da parte della madre. Analogamente le performance di crescita della prima settimana di lattazione si sono dimostrate in linea con le premesse evidenziate dal tempo trascorso a poppare al giorno 3.
Conclusioni
Come ha ricordato Sandra Edwards, i passi da fare nell’alimentazione delle scrofe sono ancora tanti, ma sono necessari anche in funzione del fatto che le genetiche moderne diventano sempre più prolifiche e, pertanto, non ci si può aspettare che i pesi dei suinetti possano aumentare anche in considerazione del fatto che lo spazio nell’utero è limitato. Si richiedono quindi sforzi crescenti affinché il mondo della ricerca sia in grado di mettere a disposizione di mangimisti e allevatori conoscenze sempre maggiori che possano aiutare a trarre il massimo beneficio dal progresso genetico avuto in termini di prolificità degli ultimi 10 anni.
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