La biosicurezza consiste nell’applicazione di misure in grado di limitare l’ingresso e la diffusione di un agente infettivo in allevamento, ed è ormai pacifico che un più alto livello di biosicurezza in azienda è essenziale per il benessere animale, per migliorare le performance produttive dell’allevamento e per ridurre l’uso di trattamenti, fra cui gli antibiotici. Due misure di biosicurezza importanti ma spesso sottovalutate dagli allevatori sono la pulizia e la disinfezione (P&D) degli ambienti. La pulizia è il primo passaggio ed è finalizzata a eliminare tutto lo sporco; occorre infatti rimuovere qualsiasi substrato che possa consentire la proliferazione di microrganismi. Se correttamente eseguita è in grado di eliminare fino al 90% dei microrganismi e migliora l’efficacia della seconda fase, cioè la disinfezione. Col termine disinfezione, invece, si intende tutto ciò che viene eseguito per eliminare i microrganismi. La pulizia e la disinfezione hanno finalità diverse ma sono strettamente connesse fra di loro in termini di risultati ed efficacia: se la pulizia non è ben eseguita e rimangono tracce di sporco, il risultato della disinfezione è vanificato. Pertanto, se queste 2 procedure sono correttamente eseguite, impediscono il perpetuarsi dell’infezione negli animali successivamente accasati. In passato l’igiene in allevamento è stata sottostimata, ma negli ultimi tempi è via via riconosciuta come una dei componenti fondamentali di un buon management aziendale: una scarsa condizione igienica in allevamento riduce le performance produttive, e rappresenta un importante fattore di rischio per la salute degli animali.
Chi gioca un ruolo chiave nella gestione aziendale e quindi nella messa in pratica delle misure di biosicurezza è il personale aziendale: la scarsa formazione e la mancanza di comunicazione fra il personale sono fattori che comportano una scarsa applicazione di una buona routine di biosicurezza. Nonostante ciò, spesso fra tutte le strategie per la prevenzione delle malattie infettive gli allevatori non scelgono la formazione del personale, benché sia considerato un intervento a basso costo. Assicurare un migliore stato sanitario degli animali attraverso l’implementazione della biosicurezza e un buon protocollo di pulizia e disinfezione comporta un minor bisogno di ricorrere ai trattamenti antibiotici, con risvolti positivi per la lotta contro l’antimicrobicoresistenza ed economici per l’allevatore. Perciò i costi per l’implementazione della biosicurezza e la formazione del personale non dovrebbero essere percepiti come un ostacolo, quanto piuttosto come un investimento per ottimizzare la produzione ed ottenere un miglioramento dello stato sanitario degli animali.
Obiettivi del progetto
Lo studio faceva parte di Healthy Livestock, un progetto europeo finanziato da Horizon 2020, e prevedeva la valutazione della biosicurezza in 20 allevamenti suinicoli tramite una checklist, il Biosecurity Risk Analysis Tool (Beat), e l’erogazione di un corso di formazione sulla P&D degli ambienti al personale addetto. Gli obiettivi finali erano:
- la costruzione su misura per ciascuna azienda di un piano di miglioramento di biosicurezza in base alle carenze evidenziate dalla checklist e il monitoraggio del piano per i successivi 12 mesi, ottenendo uno score finale di biosicurezza.
- la valutazione dell’effettivo miglioramento delle misure di biosicurezza e della D&P tramite l’analisi rapida dell’ATP. Questo test rapido è in grado di rilevare i residui di materia organica e di contaminazione microbiologica, ottenendo così una valutazione oggettiva dell’efficacia delle procedure di P&D degli ambienti. Il campionamento per il test dell’ATP è stato eseguito in 5 siti: il pavimento di fronte alla mangiatoia, il tubo di alimentazione, il beverino, il trogolo e il materiale manipolabile.
La valutazione dell’efficacia delle procedure di P&D attraverso la ricerca di 2 batteri resistenti estremamente importanti, l’Escherichia coli produttore di β-lattamasi (E. coli – ESBL) e gli Stafilococchi meticillino resistenti (MRS). I tamponi sono stati raccolti in due momenti diversi: in un ambiente sporco, prima della P&D, e in un ambiente pulito, dopo la P&D.
Un piano di biosicurezza costruito su misura
Dei 20 allevamenti partecipanti al progetto c’è stato un miglioramento generale dello score di biosicurezza rilevato con la checklist, nonostante non tutte le aziende abbiano implementato nuove misure di biosicurezza nel tempo. In generale, il miglioramento dello score della biosicurezza è legato al fatto che c’è una maggiore probabilità che si riesca ad ottenere un effettivo miglioramento delle misure di biosicurezza dato che si tratta di un piano costruito su misura per ciascun allevamento, poiché viene scritto e sviluppato dall’allevatore in collaborazione con il medico veterinario aziendale, e con input forniti dal personale.
Questo approccio assicura che il piano di biosicurezza possa realisticamente essere implementato dal personale aziendale, instaurando una collaborazione per identificare le “migliori pratiche” per il management aziendale che includano le misure di biosicurezza. Il fallimento nell’applicazione delle misure di biosicurezza di alcuni allevamenti probabilmente è spiegato dalla scarsa motivazione nell’indagare in nuove strutture e nel cambiare la propria routine quotidiana, spinto dalla scarsa percezione dei benefici per l’allevamento.
Impiego della misurazione dell’ATP ambientale
Attraverso l’analisi rapida dell’ATP che rileva lo sporco e microrganismi residui al termine della P&D degli ambienti, è possibile fornire una rapida valutazione oggettiva del successo di queste procedure e rendere l’allevatore maggiormente consapevole del proprio lavoro. Chi ha migliorato lo score di biosicurezza, ha di pari passo riportato un miglior punteggio di ATP, ciò significa che ha migliorato la biosicurezza e pulito e disinfettato meglio. In particolare, fra i 5 siti di campionamento testati, il tubo di alimentazione e il beverino sono risultati i siti più sporchi; pertanto, durante la P&D il personale deve porre una particolare attenzione verso questi siti, da considerare come i maggiori punti critici di pulizia. In generale, i siti che presentano discontinuità e fessure e che non sono ben visibili, ma richiedono di chinarsi, sembrano essere dimenticati durante la pulizia.
Attenzione alla permanenza dei batteri resistenti
Un ulteriore obiettivo dello studio era quello di monitorare la presenza di germi resistenti all’interno dell’allevamento e verificare l’effetto della P&D degli ambienti su di essi. In generale, il livello totale di contaminazione da MRS trovato (65%) era maggiore di quello di ESBL –E. coli (16,25%). Nonostante i risultati positivi ottenuti sul miglioramento dello score di biosicurezza e sulla riduzione di sporco residuo, pulizia e disinfezione non hanno sortito il medesimo effetto sulla presenza dei due germi resistenti. La riduzione di MRS dallo sporco al pulito è stata quasi impercettibile, a differenza di quanto osservato per ESBL–E. coli, che invece è quasi del tutto scomparso. Si può dunque ipotizzare che l’efficacia di pulizia e disinfezione sugli MRS non vada necessariamente di pari passo né con il miglioramento delle condizioni di biosicurezza né con i livelli di sporco residuo dopo la pulizia. Evidentemente sono necessarie delle procedure di disinfezione più specifiche contro gli MRS. Data la presenza di geni resistenti ai disinfettanti in Staphylococcus aureus meticillino resistente originario dei suini, occorrono ulteriori indagini per approfondire la possibilità di resistenza da parte dello stafilococco verso i prodotti utilizzati.
I batteri resistenti sono pericolosi per l’uomo
La presenza di stafilococchi meticillino resistenti ed ESBL-E. coli negli animali costituisce un pericolo per gli operatori del settore: è già stata documentata la trasmissione di questi germi resistenti tra uomo e suini. Questi germi possano passare all’uomo non solo attraverso il contatto diretto con gli animali vivi, ma anche tramite l’aria e la polvere contaminate dei capannoni. Perciò tutti coloro che si trovano a lavorare in stretto contatto con i suini o semplicemente all’interno dei capannoni sono a rischio di contaminazione. Inoltre, l’aria esausta in uscita dai capannoni può essere una fonte di germi resistenti per gli allevamenti vicini e l’ambiente. Considerando i risultati dello studio, è evidente come sia importante monitorare in allevamento tali microrganismi resistenti e potenziali patogeni per l’uomo.
L’importanza della formazione del personale
La competenza dell’operatore nell’esecuzione delle procedure di P&D è un elemento critico: una P&D corretta ed efficace dipende sempre dalla competenza di chi svolge il lavoro. La conoscenza è spesso vista come un elemento chiave per cambiare il comportamento: se non si conosce l’impatto delle proprie azioni, allora non ci si può aspettare di cambiare l’approccio verso un certo problema. La formazione del personale in questo studio ha garantito una riduzione dei livelli di sporco residuo dopo P&D: la formazione è stata in grado di colmare la mancanza di comunicazione fra operatori e i consulenti di biosicurezza. Una possibilità per migliorare il management dell’igiene in allevamento potrebbe essere lo sviluppo di un protocollo di igiene specifico per ciascun allevamento in collaborazione con un medico veterinario come supervisore. Una formazione mirata accompagnata dal monitoraggio dei risultati può aiutare ad aumentare l’efficacia e prevenire la disattenzione dovuta alla routine.
In conclusione
I risultati del progetto mostrano come sia effettivamente efficace l’uso di piani di miglioramento della biosicurezza costruiti su misura per ciascun allevamento e che derivano da una stretta comunicazione fra allevatore e veterinario. Sembra che i piani elaborati su misura migliorino l’applicazione della biosicurezza e la consapevolezza degli allevatori verso i punti deboli della propria gestione aziendale, incluse le procedure di P&D. La formazione del personale si è dimostrata essere fondamentale nella riduzione dello sporco residuo dalla P&D; un’efficacie P&D è un fattore chiave nel controllo delle malattie infettive con un impatto positivo sulle performance produttive dell’allevamento e sul benessere animale. Inoltre, la persistenza di MRS dopo la P&D rappresenta un problema da affrontare con maggiori sforzi e protocolli specifici, soprattutto considerando che tali germi costituiscono un pericolo non solo per gli operatori del settore, ma per la salute pubblica in generale; è perciò auspicabile un approccio di tipo One Health.