Le scienze omiche e la lotta al climate change

La ricerca di base e quella applicata si incontrano in ambito zootecnico per trovare una soluzione concreta al problema del cambiamento climatico e ai suoi effetti sull’efficienza produttiva e riproduttiva dei suini

Secondo le stime elaborate nell’ultimo decennio, la domanda di carne a livello mondiale nel 2050 potrebbe aumentare fino a raggiungere una domanda di prodotti carnei pari al doppio di quella richiesta e consumata nel 2006 (Alexandratos e Bruinsma, 2012; http://www.fao.org/3/a-ap106e.pdf). Nonostante l’emergere nell’ultimo anno della pandemia Sars-Cov2, le ultime stime riportate dalla Fao nella pubblicazione prospettica 2020-2029 “Oecd-Fao Agricultural Outlook 2020-2029” non indicano variazioni consistenti nella domanda mondiale di prodotti carnei nel periodo 2020-2029. La crescita nella domanda di prodotti di origine animale è legata prevalentemente all’aumento della popolazione mondiale e allo sviluppo economico di paesi emergenti. In un sistema ecologico con risorse finite, la sfida di soddisfare la domanda crescente di alimenti negli ultimi decenni è resa più complessa dalla consapevolezza che il climate change in atto avrà effetti importanti anche sul comparto agricolo.

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Figura tradotta e riadattata dalla pubblicazione di Rojas-Downing et al. (2017; doi: 10.1016/j.crm.2017.02.001).

 

Climate change, cause e effetti

Con i termini “cambiamento climatico” si identificano le variazioni del clima della Terra, ovvero scostamenti rispetto ai parametri climatici osservati sia su scala spaziale (nelle diverse regioni del pianeta) sia su scala temporale (quando cioè confrontati con l’andamento storico rilevato e stimato per quella determinata regione).
La causa principale di tali cambiamenti risiede nell’eccessivo aumento della concentrazione dei gas serra in atmosfera con aumento della temperatura media terrestre. Gli effetti stimati sul comparto agricolo e agro-zootecnico sono importanti, con conseguenze che saranno sempre più visibili anche nelle regioni temperate, come nel caso dell’Italia.
Le ricadute più evidenti di tali cambiamenti nel breve periodo riguarderanno in particolare l’aumento nella persistenza delle ondate di calore, la riduzione nella frequenza delle precipitazioni atmosferiche, e l’aumento nel numero di eventi atmosferici estremi per anno. Il prolungamento dei mesi di siccità, e il decremento delle riserve idriche avranno perciò effetti importanti sulle specie botaniche e le varietà presenti nei pascoli e coltivate, determinando cambiamenti sia nella tipologia di varietà coltivate, sia nella qualità nutrizionale delle colture impiegate per produrre gli alimenti in campo zootecnico. A questi effetti indiretti, inoltre, si sommeranno le conseguenze dirette che il cambiamento climatico determinerà sulle specie animali impiegate in zootecnia. I principali esiti del cambiamento climatico sulle produzioni zootecniche sono riassunti in figura 1, in cui sono riportati sia gli effetti diretti sugli animali, sia gli effetti indiretti legati alle conseguenze sulla composizione della razione e sulla qualità dell’acqua.

Lo stress da caldo nei suini

Per quanto riguarda il comparto suinicolo, si stima che a livello mondiale lo stress da caldo costi annualmente milioni di dollari all’industria suinicola (Ross et al., 2017; doi: 10.1002/mrd.22859). Tale impatto è dovuto sia a una riduzione nell’efficienza alimentare e produttiva, sia a un peggioramento dell’efficienza riproduttiva.

 

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Come riportato nella pubblicazione di Mayorga et al. (2019; doi: 10.1093/af/vfy035), ondate di calore persistenti (soprattutto se alle alte temperature sono associati alti valori di umidità relativa) causano una riorganizzazione dei flussi di energia nell’organismo del suino con un massivo spostamento di attività metaboliche delle cellule dei tessuti al fine di cercare di mantenere il più possibile l’equilibrio termico nell’animale. Il suino inoltre è munito di poche ghiandole sudoripare e di uno strato di grasso sottocutaneo molto spesso, caratteristiche queste che rendono particolarmente difficoltosa la dispersione del calore in questi animali.
Il suino impiega perciò la respirazione accelerata e la dilatazione capillare e livello periferico come prevalenti strategie per disperdere il calore. Entrambe queste strategie hanno effetti estremamente negativi sulle performance di accrescimento e produttive dell’animale, sia perché determinano un dispendio energetico, sia perché redistribuiscono il flusso sanguigno allontanando l’apporto di nutrienti dagli organi e dai tessuti preposti alle produzioni, portando ad esempio a decrementi significativi nella produzione di latte nelle scrofe.
Si riduce l’efficienza alimentare
Lo stress da caldo, inoltre, si accompagna a una diminuzione nell’ingestione dell’alimento, compromettendo quindi ulteriormente l’efficienza produttiva e alimentare degli animali. Tali effetti sono tanto più visibili quanto più pesante è il suino allevato, determinando quindi maggiori peggioramenti nell’efficienza alimentare nei suini pesanti in fase di ingrasso e finissaggio, e nelle scrofe.

Male anche l’efficienza riproduttiva

Alte temperature ed elevate percentuali di umidità relativa agiscono negativamente anche sull’efficienza riproduttiva delle scrofe e dei verri, determinando:
- effetti diretti, legati alla produzione di seme di scarsa qualità, peggioramento della libido del verro, alterazione dei cicli estrali nelle scrofe, minor numero di nati e peggiori tassi di sopravvivenza dei suinetti;
- effetti indiretti sul comparto suinicolo, legati alle perdite economiche dovute al mancato o ridotto utilizzo di riproduttori con alto valore genetico.
Aumentano i costi per gli allevatori
A pesare quindi sugli allevatori ci saranno costi diretti, legati ad accrescimenti e produzioni compromesse, e costi indiretti, legati a possibili effetti negativi negli schemi selettivi e a un numero minore di suinetti svezzati (Mayorga et. al., 2019; doi: 10.1093/af/vfy035).
In questo panorama inoltre potrebbero aggiungersi ulteriori elementi problematici, derivanti da scarsità e minore qualità delle acque dolci, mutata qualità delle materie prime impiegate per la razione, e possibile ingresso e diffusione di nuovi patogeni.

Un aiuto dalla ricerca e dalla tecnologia

In questo scenario, la ricerca e la tecnologia cercano di offrire nuovi strumenti per aumentare la resilienza degli allevamenti suinicoli alle sfide che si affacciano sul panorama produttivo italiano e mondiale. La tecnologia e la ricerca offrono già agli allevatori risposte efficaci, come ad esempio l’impiego di sensori in grado di rilevare in tempo reale i parametri ambientali interni all’allevamento (temperatura, umidità e concentrazioni di gas nocivi) e intervenire azionando meccanismi in risposta, quali l’apertura di finestre, attivazione di impianti di raffreddamento mediante ventole, a goccia o vapore acqueo.
A questi può inoltre essere affiancata anche la rilevazione di temperature superficiali e profonde dell’animale, mediante l’utilizzo di termocamere e sensori auricolari o vaginali. Oltre, perciò, alla rilevazione dei parametri ambientali, si potranno accoppiare a costi sempre minori anche le rilevazioni sui singoli animali, in modo da monitorarne e prevedere stati patologici mediante indicatori precoci di stati di stress ed infiammazione.

La selezione genetica fa la sua parte

Uno strumento essenziale è rappresentato comunque dalla selezione genetica dei riproduttori: individuare i soggetti che sono geneticamente più resilienti alle elevate temperature può fornire un mezzo essenziale per limitare le perdite produttive e riproduttive del settore suinicolo italiano, e garantire un benessere maggiore degli animali.
In questo senso è stata presentata al Miur una proposta progettuale congiunta redatta dall’articolazione di Zootecnia del Dipartimento di Scienze e tecnologie agro-alimentari (Distal, università di Bologna), insieme ai partner del Dipartimento di Scienze mediche veterinarie (Dimevet, Università di Bologna), del Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria – sezione zootecnia e acquacoltura (Crea-Za), del Dipartimento per la Innovazione nei sistemi biologici, agroalimentari e forestali (Dibaf, Università della Tuscia) e con il supporto dell’Associazione nazionale allevatori suini (Anas). Il progetto si propone di affrontare il problema emergente della riduzione dell’efficienza produttiva del settore suinicolo dovuto ai cambiamenti climatici in atto, con lo scopo di individuare marcatori molecolari e fisiologici utili alla valutazione del benessere animale, alla massimizzazione delle capacità riproduttive/produttive, e alla selezione di soggetti resistenti agli stress termici.
Per raggiungere tali scopi vengono proposti strumenti innovativi, quali la trascrittomica, l’epigenomica, la metabolomica, l’analisi del microbiota e lo studio di marcatori precoci di stress da caldo utilizzando diversi liquidi biologici (non solo il sangue) e analizzando anche gli animali a livello comportamentale in assenza e in presenza di elevate temperature ambientali.

Quali prospettive

Il progetto è in fase di valutazione da parte del Miur, e se approvato e realizzato potrebbe offrire nuove evidenze utili a indirizzare la selezione suinicola verso riproduttori portatori di varianti geniche in grado di rendere i suini più resilienti agli effetti negativi dello stress da caldo.
La ricerca di base e il supporto delle nuove tecnologie di sensoristica possono aprire nuove strade e offrire nuove strategie di contrasto alle problematiche emergenti.
Un più ampio utilizzo di analisi ambientali e di applicazione della genetica molecolare per il miglioramento genetico possono rappresentare validi alleati nella risposta del comparto suinicolo italiano agli stress del cambiamento climatico in atto.
La bibliografia è disponibile contattando la redazione.

Le scienze omiche e la lotta al climate change - Ultima modifica: 2020-12-01T19:00:24+01:00 da Lucia Berti

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