L’aspetto costruttivo dei capannoni di ingrasso non ha subìto molti cambiamenti negli ultimi decenni. Invece, molte sono le cose cambiate in questo periodo. L’importanza dell’ambiente in cui viviamo e quanto l’uomo possa interferire su di esso ci rende responsabili del futuro. In passato, l’abbondanza d’acqua, i combustibili a basso costo e la sottovalutazione dei problemi di inquinamento hanno frenato la spinta alle modifiche nella costruzione dei capannoni di suini. Ora è tempo di attuare soluzioni in funzione di una produzione che rispetti di più l’ambiente e questo ci porta ad una serie di aspetti valutativi: liquami e terreni (nitrati), odori (in Olanda dal 2013 sono obbligatori per legge i filtri anti-odore in tutti gli edifici che alloggiano suini), riduzione del “carbon footprint”, letteralmente “impronta dell’ossido di carbonio”, ovvero, l’ammontare delle emmissioni di CO2 attribuibili a un prodotto, organizzazione o individuo. Sulla base di questo paramentro si può valutare l’impatto che una tipologia produttiva, come l’allevamento di suini, ha sui cambiamenti climatici come l’aumento delle temperature medie del globo terrestre. Il carbon footprint viene espresso in Kg di CO2 prodotto, nel caso della produzione suinicola, si traduce in quanti kg di CO2 sono necessari per produrre 1 kg di carne. Considerando che l’impatto maggiore della produzione suinicola avviene sopratutto nella fase di ingrasso, si farà una valutazione delle possibilità di diminuire questo impatto e di come trarne benefici con nuovi concetti di costruzione. A capo del gruppo di ricerca è il Dr. Larry Jacobson. Il nuovo concetto, che in realtà non è completamente nuovo, ma diventa nuovo in funzione della contingenza dell’argomento, sarebbe l’integrazione tra ventilazione (con riscaldamento e/o raffredamento), gestione dei reflui, pavimentazione, coibentazione, ailmentazione ed abbeveraggio, viste tutte nell’ottica di una miglior resa zootecnica (performance) e, di conseguenza, minore impatto sull’ambiente. Fortunatamente, quello che ci viene richiesto dalla situazione globale attuale induce anche benefici economici; tuttavia i costi iniziali di investimento non sono trascurabili. Il riassunto dei risultati di questi studi, sono 4 prototipi di capannoni (A e B) e (C e D). Tali studi non possono avere un’applicazione diretta sulla realtà italiana, dove gli ingrassi sono caratterizzati essenzialmente dalla ventilazione naturale, ma servono da spunto per poter sviluppare al meglio le modifiche sui nostri sistemi costruttivi d’allevamento, favorendo un abbassamento delle emissioni e producendo benefici economici con il miglioramento delle performance degli animali. Tutte le versioni (A,B,C,D) hanno come indice di coibentazione un R 5 per il tetto, R25 per il sottotetto e R10 per le pareti. Le entrate d’aria avvengono attraverso aperture nel sottotetto, da dove entra la totalità dell’aria di ricambio; inoltre, per il periodo estivo ci sono le entrate d’aria sulle pareti in testata al capannone che, per alcune versioni, operano nel periodo estivo. La versione A (fig. 1) utilizza un sistema di riscaldamento e raffredamento a pavimento aggiunto ad una pompa di calore. La scelta del riscaldamento a pavimento sfrutta il concetto di offrire la temperatura desiderata dove sono gli animali, invece del riscaldamento di tutto il volume del capannone con i relativi sprechi. La pompa di calore produce caldo pari a 40 ton, mentre il raffredamento a pavimento riduce del 25% il calore prodotto dagli animali nelle fasi finali di produzione (si considera il peso di macellazione di 120 kg.). La versione A è anche dotata di pannelli raffreddanti collocati alle estremità più corte del capannone; l’aria in entrata viene portata in sottotetto e dalle aperture entra all’interno del capannone. In entrambe le versioni si garantisce la zona di termoneutralità dei suini sia in inverno e sia in estate, ricordando che tutto quello che è improduttività viene aggravato anche da maggiori emissioni nell’ambiente. Le versioni C e D (fig. 2) sono paragonabili in tutto rispettivamente alle versioni A e B, eccetto per il tipo di pavimentazione, che in queste versioni è di tipo totalmente grigliato. Nella versione C il raffreddamento avviene solamente per evaporazione con pannelli raffreddanti e il riscaldamento è realizzato con uso di gas combustibile posizionato nei corridoi e con aggiunta, se necessario, di calore radiante con lampade e/o tappetini nel caso di capannoni adibiti a “wean-to-finish” “(dallo svezzamento all’ingrasso) che attualmente negli USA è il modello costruttivo più frequente dove gli allevamenti da ingrasso adattano e utilizzano gli stessi capannoni per ricevere i suinetti svezzati. Tutte le versioni, secondo i ricercatori, sono in grado di risparmiare energia e di ridurre le emissioni. Il costo di questi capannoni sono di circa 1,3 a 2 volte superiore al costo di un capannone tradizionale (tab. 1) secondo le varie versioni e dovrebbero portare a un miglioramento dal 3 al 7% degli accrescimenti medi giornalieri ed un miglioramento dal 5 al 10% della resa. Altri benefici sarebbero: - miglior qualità dell’aria per i suini = meno problemi sanitari - miglior condizioni di lavoro per gli operatori - minor impatto ambientale Le fosse basse hanno l’obiettivo di avere rimozioni frequenti delle deiezioni che sono inviate a vasche esterne di stoccaggio offrendo un ambiente meno carico di gas nocivi, migliorando l’ambiente interno dove sostano gli animali, inoltre abbassando i fabbisogni di ventilazione (m3/animale). Il sistema di rimozione delle deiezioni rispetto al sistema tradizionale con valvole di apertura/chiusura o con utilizzo di pompe, diminuisce del 90% le emissioni di acido sulfidrico (H2S) e del 75% degli odori (Predicala et al. 2005, 2007; Parker et al. 2010). L’obiettivo principale di questo studio era la migliore qualità dell’aria e quindi le alternative dovevano essere quelle dove si prevedeva la rimozione delle deiezioni. Oltre al sistema di raschiatura, era stato ipotizzato anche il il sistema a fossa tradizionale con stoccaggio e rimozione, ma la scelta del sistema di asportazione 1-2 volte al giorno delle deiezioni era quella che garantiva i migliori risultati, evitando inoltre i gas possibili durante l’agitazione o pompaggio delle deiezioni. Il sistema più utilizzato oggi è quello del gocciolamento diretto di acqua fredda (12-13 °C) sui suini. In questo studio sono stati proposti due tipi di raffreddamento: raffreddamento a pavimento con i pannelli radianti oppure con raffreddamento meccanico dell’aria. Per le versioni a pavimento continuo è imprescindibile che il raffreddamento avvenga attraverso il pavimento che durante l’estate deve avere una temperatura inferiore a quella del grigliato per evitare il riposo degli animali sul grigliato e, di conseguenza, si mantiene la superficie solida continua asciutta e non sporca. La perdita di calore avviene in questo caso per conduzione. Le versioni A e C prevedono i pannelli raffreddanti per il periodo estivo, mentre le versioni B e D utilizzano il raffredamento con il sistema geotermico che raffredda sia il pavimento, sia l’aria in entrata. Il sistema geotermico da solo non è in grado di sopperire a tutto il calore necessario in inverno e deve essere supportato da una caldaia o pompa di calore (come nella versione B). Avere il capannone raffreddato alle temperature idonee per una ottima performance, riduce le necessità di ventilazione. Lo studio è stato finanziariamente supportato dal Pork Checkoff, un dipartimento dell’Associazione nazionale allevatori suini dedicata al marketing e alla ricerca, ed ha coinvolto 13 ricercatori delle Università del Minnesota, Università del South Dakota, Università di Iowa, Università del Nebraska, una impresa di costruzione zootecnica, un consulente. Sono stati consultati anche ricercatori europei (Waggeningen Institute in Olanda e Pig Reserach Center in Danimarca) utilizzati come base studi. Secondo questo studio il maggior costo di investimento sulle strutture è ammortizzato in 6 - 12 anni dipendendo dalla versione.
Cambiamenti climatici
Studi nord-americani
Una nuova concezione di capannoni da ingrasso è materia di studi da alcuni anni presso l’Università del Minnesota: riguarda l’efficienza dei capannoni e la riduzione delle emissioni (ammoniaca e acido sulfidrico) e l’adozione di un “taglio verde” che si traduca in una minore produzione di CO2, metano e protossido d’azoto (NO2).
I capannoni “verdi”
(Green Pig Barn-GPB)
Il prototipo base in termini generali, è un capannone di 2.400 capi, con fosse basse (46-61 cm di altezza) combinate con sistemi di raschiatura, pavimentazione mista, con parte in grigliato e parte in superficie solida continua incorporata di impianto di riscaldamento/raffreddamento con sistema di tubi in polietilene oppure PEX/PVC a pavimento.
Sistemi a confronto
La versione B è similare alla versione A, però non utilizza i pannelli coolings sulle pareti per il raffreddamento, utilizzando invece il sistema geotermico di scambio di calore per il raffreddamento.
Considerazioni:
a) pavimentazione
Potrebbe sembrare che la pavimentazione continua possa contribuire in modo importante per le emissioni, ma vari studi hanno dimostrato che la maggior parte dei gas proviene e avviene proprio nella parte grigliata (Kai et. al. 2006).
b) raffreddamento
L’aspetto della termoneutralità estiva diventa sempre più importante, nella misura in cui si aumentano le performance zootecniche. Il metabolismo degli animali performanti è maggiore, con maggiore produzione di calore. Si osserva nella fig. 3 il cambiamento avvenuto negli ultimi anni.
c) emissioni
Secondo il modello danese StaldVent TM, utilizzato per la stima delle emissioni, questi tipi di capannoni sono in grado di ridurre del 50% la produzione di gas solamente dovuto alla tipologia di coibentazione; un ulteriore 20% di risparmio si ottiene con la costanza delle temperature interne. Altre caratteristiche di questi prototipi (fosse, raffreddamento a pavimento, pavimentazione solida continua) possono portare a ulteriori riduzioni, ma non sono state ancora conteggiate completamente.
Allegati
- Scarica il file: Suinicoltura, meglio i capannoni verdi. Meno emissioni e spese