La crisi economica e finanziaria che dura da anni e non accenna a concludersi ha portato allo stremo gli allevamenti suinicoli. L'allevamento del suino pesante tipico italiano da prosciutto caratterizza l'intera produzione nazionale, costituendo il 75-80% della produzione, ma ha difficoltà nel generare valore sufficiente per far fronte ai costi di produzione. Questo perché la coscia non copre più il costo di produzione del suino pesante necessario per avere il prodotto adeguato all'ottenimento dei prosciutti tipici. Fino a qualche anno fa la coscia rappresentava quasi il 60% del valore dell'intera carcassa, oggi tale quota è scesa al 40% e gli altri tagli non portano sufficiente valore per compensare l'elevato costo di produzione della fase finale di crescita del suino pesante. Il sistema produttivo del suino pesante italiano, quasi 5 mila allevatori, 120 macelli e oltre 500 trasformatori, rischia l'insostenibilità economica. Risulta necessario affiancare a nuove soluzioni produttive tutte le tecniche che consentano la riduzione dei costi di produzione.
Sotto questo punto di vista l'alimentazione ha un ruolo fondamentale incidendo per oltre il 60% sul costo totale di produzione. Su richiesta dei trasformatori, inoltre, oggi i macelli premiano le partite di suini che hanno pesi molto più elevati dei canonici 160 kg richiesti dai disciplinari dei maggiori consorzi di produzione dei prosciutti. L'allevatore dovrà quindi portare gli animali oltre i 170 kg di peso con spese ancora maggiori per l'alimentazione e con il vincolo di doversi attenere per la formulazione alimentare a quanto richiesto dai disciplinari dei consorzi di produzione.
L'occhio ai mercati
Per contenere i costi alimentari è necessario avere il polso sull'andamento dei mercati delle materie prime e cercare di impiegare quegli alimenti che consentano si mantenere la produzione di qualità. Questo considerando le esigenze dei trasformatori che dovranno produrre prosciutti rispondenti alle esigenze dei rispettivi consorzi di produzione. Un aspetto da tener presente sarà quindi quello legato alla qualità delle materie prime utilizzabili. Comunque, in primo luogo, va considerata la fase produttiva del suino al quale è destinata la dieta che stiamo studiando. Dovrà quindi essere valutato se l'animale mangia ad libitum o è razionato. Sappiamo, per esempio, che i suinetti allo svezzamento e le scrofe in lattazione rischiano deficit energetici: quindi per queste tipologie di animali è opportuno dare sempre un mangime di grande qualità, con elevate concentrazioni energetiche e praticamente a volontà.
Per altre tipologie di animali, dalla scrofa in gestazione ai suini all'ingrasso, che solitamente sono in regime di alimentazione razionata, potremo studiare formulazioni di razioni alimentari che consentano un maggior contenimento dei costi. Volendo affrontare il problema considerando sia il livello energetico più conveniente per un determinato mangime sia il contesto dei prezzi delle materie prime, risulta comunque necessario fare valutazioni di organizzazione aziendale. Qualora l'allevatore produca “in casa” il mangime sarà in condizioni decisamente diverse rispetto a chi non produce gli alimenti o non ha la “cucina” aziendale. Per esempio potrà essere più o meno facile fare la grassatura dei mangimi.
Sarà poi indispensabile valutare l'impatto dell'impiego delle nuove materie prime sull'incremento ponderale giornaliero (ipg) dei suini. Siccome l'ingestione di energia è fondamentale nel determinare l'ipg in allevamento spesso un suo maggior livello nel mangime porta a un miglior profitto complessivo anche se il costo del chilogrammo di mangime risulta più elevato. In una recente pubblicazione è stato riportato che, con alimentazione a volontà in suini fino a 60 kg e in condizioni di sovraffollamento o stress da caldo, l'aggiunta di grassi alla dieta ha consentito di avere un aumento dell'ipg degli animali a parità di alimento ingerito. Poi, nelle successive fasi di crescita, l'incremento della concentrazione energetica della dieta ha determinato una riduzione dell'ingestione giornaliera mantenendo simile il livello di energia ingerita e l'accrescimento giornaliero.
Il caso Minardi
Prendiamo ora in considerazione razioni alimentari per le fasi di ingrasso di un allevamento tipico per la produzione del suino pesante da prosciutto, nella fattispecie l'allevamento di Nello e Andrea Minardi che si trova in provincia di Piacenza. In questo allevamento, come dovrebbe essere sempre, la dieta viene adeguata alla crescita degli animali, utilizzando 4 diverse razioni per le seguenti fasi di crescita: 30-60, 60-90, 90-120 e 120-170 kg di peso. Le razioni di cui stiamo trattando sono somministrate in forma liquida, tranne che per la prima fase (30-60 kg) dove abbiamo una distribuzione a secco e una formulazione abbastanza diversa dalle altre in quanto non è previsto l'uso del siero di latte e del pastone, ma troviamo la farina di aringhe nella misura dell'1% di sostanza secca (massimo consentito dai disciplinari dei maggiori consorzi di produzione dei prosciutti DOP tra i 30 e gli 80 kg di peso dei suini, poi ne è vietato l'impiego).
Le formule delle razioni somministrate dai 60 kg alla macellazione sono riportate nella tabella 1, con i dati di inclusione degli alimenti riportati in percentuale di sostanza secca (ss). Troviamo le formulazioni usate per la maggior parte dell'anno e nel corpo principale dell'allevamento, tra gli ingredienti abbiamo il pastone di granella di mais prodotto in azienda e il siero di latte, che ricordiamo ha circa il 6% di ss.
Queste razioni hanno l'indubbio vantaggio di includere un pastone di mais aziendale. Considerando i prezzi di mercato del pastone e della farina di mais, possiamo stimare che questa inclusione possa abbattere i costi per l'alimentazione di circa 6-8 euro/capo ingrassato.
Stagione e disponibilità
Utilizzare il pastone di granella va bene, ma gli allevatori devono sempre essere alla ricerca di soluzioni seguendo le variazioni di prezzo e le disponibilità delle materie prime all'interno della singola annata. Per esempio, nell'allevamento in oggetto, nel periodo estivo si ha una maggior disponibilità di orzo e quindi in questa stagione è usuale passare a razioni che prevedono un maggior impiego di questa materia prima; in particolare queste razioni “estive” prevedono di portare l'inclusione della farina di orzo al 18% di ss, sostituendo parte della crusca e della farina di mais.
Per incidere direttamente sui costi della razione, nell'allevamento Minardi, un'alternativa è stata quella di inserire il pisello proteico riducendo l'inclusione della soia; soluzione da adottare quando il prezzo di quest'ultima è particolarmente alto. Nella tabella 2 viene riportata la formulazione di queste razioni, sempre per le tre fasi di crescita dopo i 60 kg di peso.
Possiamo notare che per le razioni con pisello, nel caso specifico di questo allevamento, non è previsto l'impiego del pastone di granella e di siero di latte, ciò è dovuto all'utilizzo di queste razioni in un diverso settore del corpo aziendale ove non si ha alternativa. Certamente la possibilità di mantenere il pastone e il siero anche in queste razioni con meno soia porterebbe a razioni di minor costo. La razione con pisello proteico porta un risparmio, rispetto alle razioni con sola soia, che però non è facile quantificare perché cambia in funzione della variazione di prezzo delle due materie prime proteiche. Considerando il 2012, nell'allevamento in oggetto, la riduzione del costo della razione con pisello si può comunque stimare di circa 2 euro per suino ingrassato.