Eliminare dai programmi di promozione i prodotti agroalimentari associati ai rischi di tumore, tra i quali carni rosse e trasformate. È questa la volontà della Dg Sante della Commissione europea esposta il nei giorni scorsi all’interno del “Piano d'azione per migliorare la salute dei cittadini europei" (Europe's Beating Cancer Plan – let's strive for more), presentato alla vigilia della Giornata mondiale contro il cancro (4 febbraio).
Levoni (Assica): nessun riscontro scientifico
Assica (Associazione Industriali delle Carni e dei Salumi aderente a Confindustria) è sconcertata: “Stentiamo a credere che la posizione presa non sia ideologica, in quanto anche la scienza è unanime nel dire che non è il prodotto in sé a essere pericoloso, ma la quantità che se ne assume: se ne deve consumare una quantità spropositata perché vi sia una percentuale di rischio, minima e comunque tutta da verificare” afferma il presidente di Assica, Nicola Levoni.
La salumeria italiana è una delle eccellenze alimentari della dieta mediterranea, parte del patrimonio culturale e culinario del nostro Paese, che ricordiamo essere il più longevo al mondo dopo il Giappone.
“È sempre la scienza ad affermare che il consumo di carne è indispensabile all’organismo poiché contribuisce a fornire l’apporto di proteine, vitamine, sali minerali e altri nutrienti di cui ogni individuo ha bisogno in ogni fase della vita, dalla nascita fino all’età adulta. Ecco perché prosciutto, salame, bresaola e tutti gli altri salumi sono elementi imprescindibili di una dieta varia ed equilibrata per bambini, giovani, adulti, anziani e per gli sportivi. Chiediamo alla politica di far prevalere il buon senso affinché non avvengano né ora né in futuro discriminazioni ingiustificate tra alimenti, tutti indispensabili all’interno di una corretta alimentazione” – ha concluso Levoni.
Gallinella (Comagri): una decisione incomprensibile
“La posizione della Commissione europea, intenzionata a cancellare i fondi per la promozione di prodotti agroalimentari come i salumi, la carne e il vino, considerati dannosi per la salute al punto di prevedere etichette allarmistiche come per i pacchetti di sigarette, rischia di penalizzare fortemente alcune delle migliori eccellenze del nostro Made in Italy”. È quanto afferma il presidente Comagri Filippo Gallinella, che aggiunge: “Per tutelare la salute dei cittadini, il primo obiettivo da perseguire è quello di continuare ad investire nell’educazione alimentare e in un corretto stile di vita, poiché la dieta mediterranea fa parte del patrimonio culturale immateriale dell'umanità. Pertanto, le decisioni dell’Ue, che penalizzano alcuni prodotti rispetto ad altri, non portano a nulla se non a mettere in difficoltà aziende, imprese e lavoratori che grazie alle loro eccellenze contribuiscono a rendere ineguagliabile il nostro patrimonio agroalimentare nel mondo” – conclude Gallinella.
Salsi (Alleanza cooperative): no agli approcci semplicistici
“Riteniamo inaccettabile ed inappropriata la discriminazione nei confronti di produzioni che non solo rappresentano il Made in Italy nel mondo ma che sono da sempre parte integrante della dieta mediterranea, universalmente riconosciuta come uno stile di vita essenziale per la salute dell’uomo”. Così Graziano Salsi, coordinatore del settore zootecnico di Alleanza cooperative agroalimentari commenta la posizione della Commissione europea.
“Mi auguro che temi così importanti per tutta la popolazione Ue come la salute umana siano trattati con oggettività evitando approcci troppo semplicistici che non farebbero altro che arrecare grave danno a comparti già colpiti pesantemente dalle ripercussioni derivanti dalla pandemia da Covid19”, ha proseguito Salsi.
Il comparto zootecnico ha avuto e continua ad avere una progressiva flessione nella redditività , sulla quale pesa in maniera determinante la chiusura del canale Horeca che ha ridotto drasticamente il consumo dei tagli di carne, specie quelli più pregiati.
Nel settore della carne bovina, alcune produzioni pregiate come la razza piemontese hanno realizzato perdite fino a 400 euro in meno al capo, con una media nazionale di 200-300 euro. Quanto al settore dei suini, la media di mercato nel 2020 si è attestata su un prezzo medio del suino vivo di 1,37 euro al kg, contro la media di 1,47 euro (-6,8%), che si è tradotta in un prezzo finale di 16 euro in meno a capo (160 chili x 0,10).
“A tale situazione si aggiungono – conclude Salsi - condizioni congiunturali derivanti da molte variabili quali l’export Ue e le importazioni cinesi. In questo contesto, vista la forte dipendenza dall’estero da parte dell’Italia nelle carni bovine e suine, sarebbe importante e strategico sviluppare il settore zootecnico anche in aree interne del Paese, potenziando le filiere italiane del suino e della carne bovina. Le importazioni di carne fresca ammontano a 1 milione di tonnellate per un valore di 2,1 miliardi circa (dati 2019). Se indeboliamo la produzione nazionale, finiremo per aprire la strada alle importazioni. Ricordiamo che sulla carne suina siamo autosufficienti per il 64% e per il bovino intorno al 53%”.