La prova di campo
Al meeting annuale della Società Italiana di Patologia ed Allevamento dei Suini, tenutosi a Pescantina (VR) il 30-31 marzo di quest’anno, è stato presentato uno studio con lo scopo di determinare gli effetti di un prodotto innovativo ottenuto da cellule integre di Saccharomyces cerevisiae selezionate, inattivate e stabilizzate non ancora investigato, somministrato durante l’intera gestazione della scrofa, sulle performance produttive di madre e nidiata durante la lattazione, includendo i consumi alimentari della madre durante l’intero ciclo produttivo e la salute del suinetto post-svezzamento, con particolare riferimento anche al consumo dei farmaci antibiotici.
Migliore resa in lattazione
Il dato più significativo durante la lattazione di scrofa e nidiata è stato il miglioramento della resa in lattazione (41,3 vs. 35,4%). Le scrofe del gruppo “prova” hanno infatti ingerito una quantità inferiore di alimento durante la permanenza di sala parto (166,4 vs 181,3), senza perdere alcun incremento ponderale medio della nidiata in lattazione né subire una diminuzione delle performance riproduttive al parto successivo. Il parametro della resa alimentare della lattazione era stato preso in considerazione la prima volta da Bergsma et al. (2009), che descriveva le dinamiche della composizione corporea delle scrofe e dei suinetti durante la lattazione, e introduceva il nuovo concetto chiamato “efficienza della lattazione”. Infatti, la produttività delle scrofe è cresciuta enormemente negli ultimi anni, soprattutto nell’ultimo decennio. Le scrofe sono state cambiate dal punto di vista genetico per produrre nidiate più numerose. Nei Paesi Bassi, per esempio, il numero di suinetti svezzati per scrofa aumenta ogni anno, passando da 23 suinetti nel 2001 a 25,8 nel 2007 (Kengetallenspiegel, 2002, 2008). La mortalità dei suinetti durante la lattazione negli stessi anni è cresciuta dall’11,8% al 12,8%. È normale immaginare come, per supportare nidiate così numerose, sia importante mantenere le scrofe in una buona condizione fisica. L’ingestione alimentare delle scrofe durante la lattazione spesso non è sufficiente per sostenere la produzione di latte necessaria per queste nidiate (Noblet et al., 1998; Eissen, 2000). Purtroppo, se la richiesta energetica maggiore non può essere soddisfatta da un aumento dell’ingestione alimentare, le scrofe mobilitano energia dalle proprie riserve corporee. Questo non è un problema se la mobilizzazione è contenuta, mentre lo diventa se è eccessiva, sfociando anche in problemi di fertilità al ciclo riproduttivo successivo (Whittemore and Morgan, 1990; Clowes et al., 2003). Una migliore efficienza alimentare durante la lattazione potrebbe essere una soluzione: più latte prodotto con la stessa quantità di alimento ingerito e la stessa mobilizzazione delle riserve corporee. I risultati ottenuti dallo studio italiano confermano quanto era già stato suggerito nel 2009 da Bergsma et al.: le differenze dell’efficienza della lattazione tra diverse scrofe esiste, e può essere influenzata. Le scrofe del gruppo “prova” hanno migliorato la loro resa alimentare di quasi sei punti percentuali. Si è abituati a considerare la resa alimentare soltanto nella fase di accrescimento del suino dove, facendo un esempio su un animale di 25 kg, il 33% del costo del suinetto è relativo all’alimento (Den Ouden et al., 1997). L’aumento dell’efficienza alimentare durante la lattazione e altrettanto rilevante, ed un incremento del 10% riduce la quantità di alimento necessaria per scrofa/anno di circa 40 kg (calcolo ipotizzato da Bergsma et al., 2009)
Meglio anche lo svezzamento
Anche i dati relativi al sito di svezzamento sembrano essere incoraggianti. Con modalità diverse, i suinetti nati durante la prova in scrofaia sono stati spostati in due siti differenti di svezzamento, ognuno con permanenza e caratteristiche simili ma differenti, dove si è registrato in entrambi i casi un miglioramento della mortalità e del consumo dell’antibiotico. Per quanto, purtroppo, in questa fase non sia possibile completare il quadro con un’analisi statistica, i dati sembrano supportare risultati già discussi in letteratura riguardo la capacità di prodotti a base di Saccharomyces cerevisiae di modulare il sistema immunitario. Per esempio, Bergsma et al. (2009) riportano una ridotta quantità di granulociti neutrofili nel sangue della scrofa a 110 giorni di gestazione e 21 di lattazione. Risultati simili sono stati evidenziati da altri autori che hanno investigato l’azione dei lieviti sul sistema immunitario e sulla salute animale (Muchmore et al., 1990; Podzorski et al., 1990; Price et al., 2010; White et al., 2002; Shen et al., 2009). L’aumento della conta neutrofilica può indicare una condizione infiammatoria, in quanto i granulociti neutrofili rappresentano una prima linea di difesa associata ad infezione clinica e subclinica (Roth, 1999). Questa ridotta condizione infiammatoria potrebbe addirittura essere legata al miglioramento della salute intestinale, come dimostrato da Shen et al. (2009), che ha riportato come la citochina IFN-γ fosse aumentata nella mucosa intestinale a seguito di supplementazione alimentare di lieviti. una fagocitosi efficiente dei batteri da parte dei macrofagi attivati da questa citochina può prevenire la migrazione dei batteri patogeni attraverso la mucosa (Kaiserlian et al., 2005), riducendo quindi anche la conta neutrofili e dei globuli bianchi. Questo meccanismo potrebbe essere alla base anche della minore necessità di utilizzare degli antibiotici nel presente studio, o alla base anche della mortalità inferiore registrata nel gruppo di trattamento.
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