La Peste suina prende terreno: subito un piano di abbattimento dei cinghiali a livello nazionale

20 maggio, Confagricoltura Piacenza: «appoggiamo anche la richiesta degli Atc locali di estendere il periodo di prelievo in forma collettiva»

Il Tavolo degli Atc della provincia di Piacenza ha avanzato la richiesta di poter anticipare l’inizio del periodo di prelievo del cinghiale in forma collettiva alla terza domenica di settembre, prolungando di un mese il periodo consentito nella parte invernale della stagione (quindi anche a gennaio). La motivazione alla base della richiesta indirizzata all’Assessore regionale all’Agricoltura, Alessio Mammi, perché a sua volta se ne faccia portavoce presso il Commissario Straordinario per la Psa, Angelo Ferrari, risiede nella considerazione che la braccata, ad oggi, è la forma di caccia al cinghiale che garantisce i maggiori prelievi. Tale valutazione è ancora più vera nelle zone in cui la continuità di copertura forestale impedisce di adottare efficacemente altre modalità. Queste condizioni sono proprio quelle che ricorrono nella porzione collinare e montana della provincia di Piacenza, anche e soprattutto nelle aree prossime alle zone infette di Alessandria e Genova. La richiesta è legittimata dalle possibilità appositamente date dallo stato di emergenza di derogare a quelli che erano i limiti imposti dalla legge quadro 157/92. Gli Atc sostengono che così si darebbe un contributo considerevole al controllo delle popolazioni con una auspicabile riduzione dell'impatto che le stesse hanno sui territori contenendo così i rischi legati ad una possibile diffusione della Psa. «Appoggiamo la richiesta – commenta Filippo Gasparini, presidente di Confagricoltura Piacenza – e ce ne facciamo portavoce. Cogliamo l’occasione di tornare a chiedere immediatamente un piano di abbattimento, come Confagricoltura lo ribadiamo insistentemente a tutti i livelli».

Filippo Gasparini, presidente di Confagricoltura Piacenza

Se la malattia si estendesse e le “zone rosse” si diffondessero in aree a maggior vocazione suinicola, come quella emiliana, a farne le spese, oltre all’export extra Ue già oggi cancellato per circa 20 milioni di euro al mese, sarebbe anche l’export verso l’Ue. Pur applicando il principio di regionalizzazione, se l’area chiusa interessasse zone a forte produzione di suini, questi sarebbero inutilizzabili anche per l’export sul mercato interno. Maggiormente esposte a rischio sono le produzioni più emblematiche, tradizionali e simboliche della salumeria Made in Italy: le produzioni Dop di cui, come noto, la provincia di Piacenza ne vanta ben tre: coppa, salame e pancetta. A livello nazionale il comparto suinicolo impiega circa 50.000 lavoratori e vale 11 miliardi di euro tra valore della produzione agricola e fatturato industriale: oggi interamente a rischio. «Occorre un cambio di marcia – spiega Gasparini - più risorse e meno burocrazia per consentire una celere e agevole attuazione delle misure, soprattutto, chiediamo la conduzione su base continuativa e costante dell’eliminazione della fauna selvatica in maniera selettiva: abbattimento o cattura, senza se e senza ma e ulteriori semplificazioni per l’abbattimento in azienda con il supporto, ovviamente, dei cacciatori che devono poter intervenire con le squadre. I dispositivi di legge oggi sono subdoli perché sembra che nell’impostazione generale consentano gli abbattimenti, mentre nell’applicazione e nella gestione degli enti interessati c’è un concorso di clausole e cavilli che di fatto vanificano l’intenzione che dovrebbe avere la norma e l’efficacia dello strumento,  impedendo  l’eradicazione e dunque la soluzione del problema con uno sbarramento fatto ad arte di tempi autorizzativi, orari, procedure, tipo di proiettile, tipo di dotazione: una serie di vincoli per i quali ci si chiede quale sia la motivazione. È una garanzia? Per chi? Ci si perde in uno sterile dibattito sul tipo di caccia, non degno della gravità del problema, mentre tutti i tipi caccia dovrebbero essere consentiti per concorrere al raggiungimento dell’obiettivo. È un preservare qualcosa nell’intreccio dei vari interessi o farsi gioco di noi? Il tutto porta ad un insuccesso, oggi gravissimo, anche per gli impatti sanitari. Un Paese sano non giochicchia nella confusione tra i vari interessi e non perché lo diciamo noi, ma lo dice la nostra storia. Torniamo dunque a chiedere un vero e proprio piano di abbattimento, con il coinvolgimento dei cacciatori e lo stanziamento di risorse, sulla stregua di quanto attuato dalla Repubblica Ceca che è riuscita così a eradicare la Psa. Dobbiamo smetterla col dire che la situazione è sotto controllo, considerazione chiaramente insostenibile anche alla luce dei recenti fatti di Roma. Cerchiamo l’equilibrio – conclude Gasparini - mettendo sul campo tutti i fattori: le attività umane vanno preservate non danneggiando le specie, in questo momento la specie non solo non è minacciata, ma è a minaccia di sé stessa perché non è sana e lo Stato a cui appongono gli animali selvatici non sta intervenendo adeguatamente.  Non c’è più tempo, la Psa sta prendendo terreno, gli allevamenti suinicoli sono sotto scacco con una spada di Damocle che è da un lato sanitaria, dall’altra commerciale; gli agricoltori vedono i raccolti devastati e le persone sono sempre meno sicure a causa di branchi di cinghiali che provocano incidenti, invadono parchi e vie cittadine».

La Peste suina prende terreno: subito un piano di abbattimento dei cinghiali a livello nazionale - Ultima modifica: 2022-05-23T15:53:52+02:00 da Redazione Suinicoltura

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