La profilassi è un insieme di norme e di metodi intesi a evitare o prevenire il diffondersi di malattie. Questo, a volte, è un concetto poco considerato dall’allevatore, che non sempre riesce a capire quanto possa essere determinante la prevenzione dalle patologie.
All’interno della profilassi possiamo considerare diverse branche: la biosicurezza, interna ed esterna, le vaccinazioni, l’alimentazione e la stabulazione.
Sicuramente la profilassi non può essere antibiotica, perché la profilassi antibiotica è un concetto alquanto aleatorio e discutibile oltre che anacronistico. Con la maggiore consapevolezza del corretto uso dell’antibiotico, la pratica della medicazione preventiva è infatti andata in disuso e il concetto di profilassi si è correttamente radicato sull’uso dei vaccini.
Biosicurezza
La biosicurezza deve essere la prima arma di difesa ed è, senza dubbio, la più importante. Questo periodo di pandemia ci ha aiutato a comprendere quanto l’utilizzo della mascherina, il disinfettarsi spesso le mani ed evitare luoghi affollati e contatti ravvicinati, anche con amici e parenti, sia la vera soluzione.
Quando parliamo di allevamenti è necessario tenere in considerazione molti fattori: ad esempio, in azienda i patogeni possono entrare con molta facilità, attraverso animali, oggetti o persone, ed è per questo che l’attenzione deve essere costantemente alta.
Facendo alcuni esempi, vediamo come il cancello – ovvero la prima barriera che si incontra all’ingresso di un allevamento – possa rappresentare un elemento decisivo in termini di biosicurezza.
Solitamente questo, per comodità o per pigrizia, rimane aperto permettendo un più facile ingresso di potenziali pericoli. È invece fondamentale che l’allevatore presti la massima attenzione all’ingresso dei visitatori - a esempio fornitori o gli artigiani
della manutenzione (idraulico, elettricista, ecc..) - i quali potrebbero fungere da vettori di malattie.
Inoltre, anche per quanto riguarda i mezzi che trasportano animali e mangimi, è consigliabile un grado di attenzione elevato. Così come non bisogna dimenticare che lo stesso allevatore potrebbe rappresentare esso stesso un rischio, se non fosse particolarmente attento nel passaggio da area pulita ad area sporca e viceversa.
Buone e cattive abitudini all’interno delle porcilaie
Passando poi a considerare ciò che accade all’interno delle porcilaie, è fondamentale avere l’abitudine di cambiarsi d’abito nel momento in cui si entra in contatto con animali di età diverse, così come il cambio delle calzature o la disinfezione. Il semplice utilizzo di contenitori di acqua con disinfettante per il pediluvio infatti è una pratica da consigliarsi fortemente poiché, nonostante non sia la soluzione ottimale, può essere un valido aiuto a un costo molto contenuto.
Infine, il lavaggio di mani e faccia può significativamente ridurre la diffusione dei patogeni, come ci insegnano gli esperti di malattie infettive che oggi vediamo quotidianamente in televisione.
La raccomandazione che deriva da queste semplici pratiche è quella di aumentare il livello di sensibilità nei confronti della biosicurezza: con un esiguo investimento economico e corrette abitudini si potrebbero ottenere grandi risultati. Ma è importante considerare che la corretta biosicurezza necessità di regole ferree e inviolabili, una sola eccezione potrebbe portare al fallimento del piano di biosicurezza.
Il Biocheck nel sistema Classyfarm
Un valido strumento per analizzare la biosicurezza è il Biocheck dell’Università di Gent.
Questo questionario, contenente 109 quesiti, è stato incluso nel sistema Classyfarm ed è uno strumento a disposizione dell’allevatore che, grazie alla valutazione
del suo veterinario aziendale, sarà in grado di valutare l’efficacia del proprio piano di biosicurezza, confrontandosi anche con le altre aziende inserite nel sistema.
L’applicazione del sistema Biocheck in una azienda irlandese convenzionale ha evidenziato il livello di biosicurezza che è stato implementato in seguito all’intervento di veterinari, nutrizionisti e consulenti che, in collaborazione con l’allevatore, hanno studiato il modo più economico ed efficace per ridurre le problematiche in allevamento.
In seguito alla riduzione della densità di allevamento, all’ampliamento di alcune aree critiche, al blocco dei rimescolamenti tra suini, alle modifiche del flusso dei suini, all’introduzione di sistemi di lavaggio delle calzature, ad altre misure igieniche e alla pratica del tutto pieno-tutto vuoto per settore, ha generato una riduzione del costo di produzione del 9,3%.
L’investimento iniziale certamente è stato importante, ma è stato poi abbondantemente recuperato, non solo grazie alla riduzione del costo di produzione, ma anche grazie al calo delle patologie, dalla riduzione del consumo di antimicrobici (-90%) e dalla riduzione del tempo di permanenza in allevamento di 15 giorni (mantenendo il peso di macellazione).
(https://www.eupig.eu/public/images/Factsheets/Italian/eupig_adoption_italian.pdf).
La minaccia della Peste suina africana
Inoltre, in questi tempi di diffusione della Psa nell’Est Europa, fino alla Germania, dobbiamo considerare che la protezione del nostro allevamento non è più solo un problema di costi percepiti o meno, ma potrebbe significare la sopravvivenza dell’allevamento stesso.
Non avendo ancora toccato con mano la devastazione di questa patologia oggi gli allevatori non sono in grado di comprendere il rischio. Ma basti ricordare cosa accadde nel 2007-2008 con la Malattia vescicolare che ha portato all’abbattimento di migliaia di capi.
Profilassi vaccinale e prevenzione delle malattie
L’utilizzo della vaccinazione riveste un importante capitolo nella prevenzione delle malattie. I vaccini, nel corso degli anni, hanno contribuito all’eradicazione di molte malattie e al controllo di molte altre.
Vi sono alcune patologie manifeste, per le quali non è necessario un particolare approfondimento diagnostico, mentre altre patologie che necessitano di un percorso diagnostico volto ad approfondire la presenza della malattia in allevamento e l’entità della stessa.
In molti casi, la scelta del vaccino si basa su fattori commerciali che portano l’allevatore a preferire vaccini multivalenti, non sempre all’altezza dei monovalenti.
Anche il momento della somministrazione deve essere valutato correttamente: vaccini somministrati al momento dello spostamento possono generare stress agli animali che potrebbe vanificarne – in parte - l’efficacia.
Negli ultimi anni si sta assistendo a una forte speculazione sul prezzo del singolo vaccino senza considerarne le diverse caratteristiche tecniche, che andrebbero approfondite con il veterinario al fine di scegliere il prodotto più adatto.
Prevenzione: approcci diversi a seconda della malattia
Il corretto approccio della prevenzione dovrebbe per prima cosa analizzare le malattie endemiche in allevamento, poi, in seconda battuta, valutare il potenziale danno provocato da queste patologie. Infine, risulta fondamentale valutare il rapporto tra costo di vaccinazione e danno prodotto dalla malattia.
La vaccinazione per Circovirus, a esempio, viene a oggi considerata essenziale per la salute degli animali e quindi non è messa in discussione. Quella che riguarda la Prrs invece richiede una attenta valutazione: questa infatti deve essere eseguita solo dopo un’accurata analisi della circolazione virale in allevamento. In caso di suinetti viremici infatti le aspettative dell’allevatore nei confronti del vaccino potrebbero essere disattese. Questo vaccino necessita quindi: di una attenta analisi delle condizioni sanitarie dell’allevamento e dell’applicazione per un periodo prolungato in modo che tutta la popolazione sia vaccinata.
Considerando poi vaccinazioni per patologie batteriche ad alta mortalità come la pleuropolmonite, è possibile notare come in allevamenti con patologia manifesta l’efficacia del vaccino - se posizionato nel periodo corretto - può essere veramente confortante.
Un altro caso interessante è quello della vaccinazione per Lawsonia intracellularis per la quale non sono evidenti effetti visibili ad occhio nudo ma, analizzando i dati di produzione in dettaglio – secondo un recente studio – è stato possibile notare come in caso di presenza del patogeno e corretto posizionamento della vaccinazione si possa ottenere un maggior incremento ponderale giornaliero da 15 a 35 g/capo/giorno nella fase di ingrasso e 50 g/capo/giorno durante la fase di svezzamento, in caso di infezione precoce. A questo risultato inoltre si aggiunge un deciso miglioramento della resa alimentare che può variare da 0,5 a 1,8%.
Questo è quindi il caso di una vaccinazione apparentemente inutile (dato che la patologia non causa di norma mortalità e solo raramente presenta manifestazioni cliniche), ma che può risultare economicamente molto vantaggiosa e permettere un Roi (return of investment) importante, con un ricavo di 2,7-6,3 kg per capo, senza considerare il miglioramento della resa alimentare.
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