La ricerca può fare l’interesse della filiera suinicola

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Rispondere alle esigenze di allevatori e trasformatori è, oggi più che mai, dovere improrogabile di chi fa ricerca scientifica. Servono soluzioni concrete, applicabili in tempo reale e a basso costo. Solo così sarà possibile dimostrare il valore aggiunto delle produzioni

Il controllo dell’autenticità delle cosce, del sale nel prosciutto e la valorizzazione nutrizionale del prosciutto stagionato sono alcuni degli obiettivi che il progetto Ager-ProSuIT si era prefissato. Dopo due anni di sperimentazioni, i risultati ottenuti sembrano soddisfare le aspettative.

ricerca A dirlo sono stati i partner del progetto – Stazione Sperimentale per l’Industria delle Conserve Alimentari di Parma (Ssica), Università di Bologna, Università di Udine, Università di Parma – che, in occasione della conclusione dei lavori, hanno organizzato un incontro dedicato agli esponenti della filiera suinicola con l’obbiettivo di comunicare i risultati del lavoro svolto.

Nuovi strumenti applicabili alla filiera suinicola

«ProSuIT – ha chiarito Roberta Virgili (Ssica), responsabile scientifico del progetto – rappresenta la fase di trasferimento tecnologico del precedente Ager-Hepiget “Ricerca avanzata in genomica e innovazioni tecnologiche per la filiera produttiva del suino pesante italiano”. I progetti sono stati realizzati grazie al finanziamento delle Fondazioni bancarie associate in Ager-Agroalimentare e Ricerca, con l’obiettivo di portare innovazioni tecnologiche e conoscenze di genomica nella filiera di produzione del suino pesante.
«Il progetto ProSuIT – ha continuato Virgili – aveva l’obiettivo di trasferire parte dei risultati della precedente ricerca a realtà produttive nazionali operanti nella filiera suinicola (prosciuttifici), spostando il focus sul prosciutto Dop. I ricercatori hanno svolto parte della loro attività nei prosciuttifici per raccogliere dati oggettivi sui prosciutti freschi e salati mediante strumentazioni veloci e non distruttive». Il programma di lavoro includeva la possibilità di utilizzare direttamente in filiera dei marcatori genetici sia per la tracciabilità delle cosce e stabilirne l’appartenenza a linee genetiche ammissibili per la Dop, sia per la ricerca di associazioni tra i dati raccolti sui prosciutti e specifici marcatori come indicatori di qualità della carne. Nei prosciutti stagionati è stato approfondito il ruolo in chiave nutrizionale di molecole naturalmente rilasciate per proteolisi (peptidi bioattivi).

L’autenticazione del prosciutto

«Il primo tassello del progetto – ha spiegato Bruno Stefanon, dell’Università di Udine – si colloca all’inizio della filiera, con l’obiettivo di applicare i risultati ottenuti in Ager-Hepiget per autenticare il prosciutto grazie a una procedura basata su marcatori del Dna idonei a dimostrare l’appartenenza a determinate linee genetiche».
Tenendo conto anche delle recenti vicende sull’origine dei suini delle filiere Parma e San Daniele, il problema dell’autenticità delle cosce è emerso in maniera prepotente, e ha rappresentato il fulcro di questa sperimentazione. «Ci siamo concentrati – ha precisato Stefanon – sull’identificazione di un panel di marcatori del Dna in grado di autenticare le cosce e dimostrare la loro appartenenza a linee genetiche ammesse alla produzione Dop. L’obiettivo è stato quello di identificare mutazioni Snp (Single Nucleotide Polymorphism) del Dna del suino – ha chiarito l’esperto – e impiegarli in analisi di parentela. Abbiamo impiegato circa 60mila marcatori, basandoci su microchip inseriti alla nascita nelle cosce del suino, per avere una tracciabilità lungo tutta la filiera».
«In Hepiget – ha affermato Stefanon –, le linee genetiche erano note (razze pure e razze autoctone), mentre in ProSuIT l’applicazione si è spostata su prosciutti provenienti da incroci commerciali». «Complessivamente – ha continuato l’esperto – sono stati analizzati 465 campioni di Dna di suini, di cui 292 facevano parte del progetto Ager-Hepiget, appartenenti alle genetiche Duroc (DU), Landrace (LA) e Large White (LW), a ibridi commerciali Goland C21 (GO), ibridi (IBR, DU × LW, GO × LW e LA × LW) e a razze autoctone italiane (Aut). È stato ottenuto un set di marcatori in grado di identificare la genetica di appartenenza del soggetto, perlomeno nell’ambito della popolazione oggetto dello studio, e le frequenze alleliche delle varianti del Dna entro genetica nei diversi cromosomi. L’analisi statistica dei marcatori ha permesso di raggruppare gli individui in base all’appartenenza dichiarata ad una genetica (figura 1). Dal punto di vista applicativo, l’implementazione di una banca dati con i dati del Dna dei parentali – ha concluso Stefanon – permetterebbe di identificare e autenticare l’origine del suino».

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Fig. 1 - Identificazione della genetica di appartenenza dei suini in base all’analisi statistica dei risultati ottenuti con i marcatori del Dna

Controllo non distruttivo del processo in prosciuttificio

La Ssica è intervenuta in tre prosciuttifici del Prosciutto di Parma e uno del Prosciutto di San Daniele, per sperimentare il controllo dei prosciutti freschi e in salagione con la strumentazione Ham Inspector™. Questo sistema – ha precisato Cristina Schivazappa del Dipartimento Conserve Animali (Ssica) – è in grado di misurare il peso, la percentuale di magro e la percentuale di sale assorbito (NaCl, %) in modo rapido (2-3 secondi / prosciutto) e non invasivo».

Dimensioni: 80 x 160 x 140 cm          Integrazioni: bilancia automatica           Tempo di risposta: 500-800 unità/ora

Nel progetto Ager-Hepiget questa strumentazione era stata sperimentata nell’impianto pilota della Ssica, mentre in ProSuIT il lavoro è stato eseguito all’interno degli stabilimenti. «Solo in prosciuttificio – ha sottolineato Schivazappa – è stato possibile valutare il funzionamento, la compatibilità dello strumento con la produzione e, grazie al confronto con gli operatori del settore, far emergere specifiche esigenze dei produttori». Sui prosciutti sono stati raccolti i dati di pH, peso, percentuale di magro, sale assorbito e calo peso di salagione (figura 2).

 

Fig. 2 - Caratteristiche di Ham InspectorTM e valori medi (± d.s.) dei parametri acquisiti in ProSuIT per gli oltre 400 prosciutti scansionati in modalità non distruttive nei quattro prosciuttifici
Prosciutto Parametri Medie ± d.s.
prima della salagione Peso1, kg 14,5 ± 1,2
Magro2, % 62,8 ± 2,4
al ripasso Peso1, kg 14,3 ± 1,2
Sale assorbito3, % 1,24 ± 0,16
dopo la salagione Peso1, kg 14,1 ± 1,2
Sale assorbito3, % 2,62 ± 0,27
stagionato Peso1, kg 10,5 ± 0,9
Sale finale4, % 4,95 ± 0,35
1 misurato con la bilancia integrata a Ham InspectorTM

2 stimato in funzione del peso del prosciutto fresco e del segnale di Ham InspectorTM (errore della stima = 1,2%). Espresso come % del peso del prosciutto.

3 stimato in funzione del peso del prosciutto salato e del segnale di Ham InspectorTM (errore della stima = 0,13%). Espresso come g di sale in 100 g di magro.

4 stimato in funzione del sale misurato a fine salagione con Ham InspectorTM e del calo peso medio a fine stagionatura (27-28%). Espresso come g di sale in 100 g di muscolo bicipite femorale.

 

Questi fenotipi sono stati utilizzati per lo studio di associazione con le analisi del Dna eseguite dall’Università di Bologna su campioni di muscolo della coscia. «I risultati ottenuti mostrano che l’applicazione di strumentazioni performanti in stabilimento permetterebbe di valutare la qualità delle cosce in modo oggettivo durante il ritiro – ha aggiunto Schivazappa –, di controllare la salagione in tempo reale con un immediato riscontro sul sale assorbito e migliorare la qualità del prodotto con una gestione complessiva del processo basata su informazioni quantitative». Grazie ai dati rilevati in modo non distruttivo con questa tecnologia, è stato possibile stimare il contenuto di sale nel prosciutto stagionato, fornendo ai produttori l’opportunità di adempiere ai disciplinari di tutela e di produrre prosciutti stagionati con sale e qualità più costanti, con attenzione alla salute del consumatore.

Associazione tra caratteri di qualità della coscia e marcatori genetici

Entrando nel vivo della sperimentazione e per la ricerca di associazioni tra i caratteri rilevati ed i geni, il gruppo di ricerca coordinato da Roberta Davoli dell’Università di Bologna ha inizialmente definito un pannello di 96 Snp (Single Nucleotide Polymorphisms) costituito da polimorfismi già studiati in Ager-Hepiget e da altri marcatori individuati dalla bibliografia. Il pannello è stato utilizzato per analisi genotipiche di 230 suini di cui era disponibile un campione di muscolo semimembranoso di cosce destinate a Prosciutto di Parma Dop.

A completamento delle analisi genomiche e sullo stesso campione di suini, è stato utilizzato anche un pannello di circa 70 mila Snp, allo scopo di disporre di un maggior numero di marcatori del genoma suino per la ricerca di associazioni con i fenotipi. I risultati ottenuti da queste analisi hanno confermato l’effetto, già evidenziato in Ager-Hepiget, di diversi marcatori significativamente associati ai caratteri studiati e hanno individuato diverse regioni del genoma con alcuni nuovi polimorfismi che presentano effetti significativi su più di un carattere (figura 3).

Fig. 3 - Alcuni risultati dello studio di associazione tra i caratteri di qualità della coscia e i marcatori genetici. Sull’asse delle ascisse sono riportate le posizioni degli Snp (rappresentati come punti colorati in blu e rosso) sui cromosomi suini, mentre le ordinate riportano i livelli di significatività dell’associazione

Nel complesso, i dati ottenuti consentono di indicare la validità dell’utilizzo dei marcatori genetici come parametro oggettivo di valutazione di caratteristiche qualitative della coscia, anche se la filiera suinicola necessita ancora di alcune condizioni per poter impiegare in maniera efficiente le potenzialità che i marcatori genomici possono offrire per il miglioramento della qualità del prosciutto.

Fino al consumatore

interesse filiera suinicolaInfine il progetto si è concentrato sul prosciutto stagionato. Di questo, si è occupata nello specifico l’Università di Parma (coordinatore Gianni Galaverna). «Tra gli obiettivi di ProSuIT – ha chiarito l’esperto – quello di identificare peptidi bioattivi nel prosciutto stagionato (derivanti dal naturale processo di proteolisi) e capire quali effetti positivi possano avere sull’organismo umano. Per tale motivo l’attività dei peptidi è stata monitorata pre- e post-digestione in vitro del prosciutto stagionato». Le significative proprietà antiossidanti e anti-ipertensive misurate nel digerito stesso, con le potenziali ricadute positive sulla salute dei consumatori, possono contribuire ad una miglior definizione del valore nutrizionale di questo prodotto.

L’impegno nei confronti di produttori e trasformatori

«Tra le considerazioni scaturite al termine di ProSuIT – ha detto Virgili – la prima è quanto sia difficile passare da un progetto di ricerca al trasferimento tecnologico. Questa fase è tuttavia indispensabile per dare valore aggiunto ai risultati della ricerca, che nel caso di ProSuIT potrebbero avere ricadute in allevamento, in macello e negli stabilimenti di trasformazione, portando innovazione nella filiera suinicola». «Tuttavia – ha continuato Virgili – i costi dovrebbero essere bilanciati dal riconoscimento del plusvalore prodotto. Dopo aver dimostrato l’efficacia delle tecniche impiegate, l’obiettivo è quello di applicarle a segmenti più estesi della filiera, anche per verificarne la sostenibilità economica».
«Sarebbe utile – ha concluso Virgili – ascoltare ogni attore della filiera per capire quali prospettive potrebbero esserci nei prossimi anni e se la filiera è disposta a recepire queste nuove tecniche per migliorare la materia prima ed i prodotti finiti».

La ricerca può fare l’interesse della filiera suinicola - Ultima modifica: 2020-04-27T10:01:11+02:00 da Mary Mattiaccio

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