Nel 2019 brutti e bei momenti per la redditività del settore

Fino a marzo la situazione non è stata rosea: il prezzo dei capi da macello ha raggiunto i 1,278 euro/kg. Da lì in avanti si è fatto sentire “l’effetto Cina”. Record di prezzo a dicembre: 1,794 euro/kg

Per gli allevatori di suini, il 2019 è stato un anno diviso in due parti: decisamente negativa la prima metà, indubbiamente positiva la seconda metà. In mezzo, non tanto come spartiacque ma quanto causa dell’inversione di tendenza c’è l’effetto sui mercati internazionali, e dunque anche italiano, dell’impetuoso incremento della domanda cinese di suini e derivati.

Ma iniziamo a vedere qualche dato, così come raccolti e analizzati dal Crefis (www.crefis.it) nel corso del 2019.

Per l’allevamento suinicolo, l’anno inizia male, perché già a gennaio si registrano prezzi dei capi da macello in discesa: -1,7% rispetto al mese precedente (ovvero su base congiunturale) e -18% rispetto allo stesso mese dell’anno precedente (cioè su base tendenziale). In particolare, la quotazione ha raggiunto 1,278 euro/kg, precisando che stiamo parlando di prezzo a peso vivo di suini pesanti (160-176 kg) destinati al circuito dei prosciutti tutelati, ovvero la filiera più importante della suinicoltura italiana e che in qualche modo fa da riferimento per l’intero comparto.

Fig. 1 - Suini da macello 160/176 kg (prezzi circuito tutelato)

La fase negativa prosegue a febbraio, quando i prezzi dei capi pesanti orientati a prodotti Dop sono arrivati a 1,238 euro/kg, ovvero un calo del 3,1% rispetto a gennaio e del 19,2% rispetto a febbraio 2018. Anche a marzo le quotazioni dei suini mostrano forti diminuzioni: nel dettaglio, il prezzo medio dei capi pesanti da macello destinati al circuito tutelato è stato pari a 1,156 euro/kg, per un -6,6% su febbraio e -26,5% sul 2018.

Trascinata da questa situazione di mercato al ribasso, sia a gennaio che a febbraio che a marzo la redditività degli allevatori è stata vista in discesa. Con l’indice Crefis che, prendendo il dato di marzo, è calato del 6,2% su base congiunturale e di un preoccupante 24% su base tendenziale.

Arriva l’effetto Cina

Da qui in poi le cose cambiano, perché proprio tra marzo e aprile inizia a farsi sentire “l’effetto Cina”. E cioè accade che per compensare la crisi dell’offerta interna dovuta a una grave epidemia di peste suina, la Cina mette in atto una imponente operazione di import di suini e derivati che, come conseguenza, ha innescato l’innalzamento dei prezzi dei suini da macello a livello internazionale.

E così, tornando in Italia, ad aprile, il prezzo dei capi da macello pesanti inizia salire e arriva a 1,307 euro/kg, con un balzo del 13% su base mensile; una quotazione che peraltro, a causa dei tanti deprezzamenti dei mesi precedenti rimane bassa, come testimonia il confronto tendenziale pari a -10,4%. Il buon andamento di mercato prosegue a maggio, con prezzi dei suini pesanti destinati al circuito Dop in ascesa sino a 1,390 euro/kg, ovvero +6,4% rispetto ad aprile e +1,1% rispetto a maggio 2018.

A inizio estate si registra una battuta d’arresto, che però sarà temporanea perché già ad agosto riprende il trend di crescita dei prezzi, quando il suino da macello raggiunge a 1,578 euro/kg, con un aumento del 14,3% su base mensile e del 2,7% rispetto ad agosto 2018.

Anche a settembre si rilevano cifre molto elevate, tanto che – sempre considerando i suini pesanti da macello destinati a prodotti Dop – il prezzo a peso vivo arriva a 1,661 euro/kg, il che significa +5,3% su agosto e +5% su settembre 2018.

Fig. 2 - La redditività dell'allevamento, andamento 2019

Completano il quadro di crescita i mesi autunnali. Anche a ottobre, i prezzi dei suini da macello salgono giungendo a 1,734 euro/kg, ovvero +4,4% su settembre e +12,9% rispetto allo stesso mese dell’anno precedente; mentre a novembre si registra un ulteriore incremento del 3,1% su base congiunturale e del +25,1% su base tendenziale, con il prezzo che arriva a 1,788 euro/kg. Chiudiamo con dicembre, che vede le quotazioni arrivare a 1,794 euro/kg in ulteriore incremento dello 0,3% su novembre. Si tratta di prezzi molto elevati, come segnala la variazione tendenziale a +38%.

Un mercato così effervescente non ha tardato a riverberarsi positivamente sulla redditività della suinicoltura italiana. Una situazione favorevole rilevata dall’indice Crefis che è cresciuto a ottobre del 4,1% su settembre raggiungendo il valore più elevato da quando viene calcolato (luglio 2009) segnando anche un +16,5% rispetto ottobre 2018. Mentre a novembre – ultimo dato oggi disponibile – a le variazioni sono state pari a +2,9% su base congiunturale e +27,9% in termini tendenziali.


L’effetto sulla filiera

Se “l’effetto Cina” sembra una sorta di manna dal cielo per la suinicoltura, questo stesso stato di cose si sta rivelando un grosso problema per il resto della filiera. Il perché è intuitivo: gli alti prezzi dei suini da macello significano ricavi elevati per i suinicoltori ma costi alle stelle per macellatori e trasformatori. Questo problema è particolarmente sentito tra i produttori di salumi, dove il maggior onere non può essere facilmente trasferito sui prezzi al consumo, a causa delle pressioni competitive sia interne al settore che esterne (ad esempio con altre tipologie di carni) o per i vincoli imposti da contratti pregressi con la Gdo.

«Un aumento così repentino e importante dei prezzi della carni suine – commenta Gabriele Canali, direttore del Crefis – comporta ricadute decisamente negative sull’industria dei salumi, soprattutto per l’impossibilità di scaricare a valle, se non in piccola parte, tali aumenti dei costi. L’indice di redditività della stagionatura del Parma Dop non ha ancora risentito dell’aumento dei costi della materia prima – prosegue Canali – mentre si è avvantaggiato, nel periodo considerato, di una leggera ripresa del mercato del prodotto stagionato. Tuttavia dalla prossima primavera i maggiori prezzi delle cosce fresche che gli stagionatori stanno pagando negli ultimi mesi, manifesteranno i loro effetti negativi sull’indice della stagionatura del Parma Dop, sempre che nel frattempo non si verifichi un aumento significativo del prezzo dello stagionato».

Nel 2019 brutti e bei momenti per la redditività del settore - Ultima modifica: 2020-01-23T10:09:04+01:00 da Lucia Berti

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