Dopo un percorso impegnativo, durato oltre tre anni, il Comitato europeo Paff (Comitato permanente per le piante, gli animali, gli alimenti e i mangimi) del 24-25 settembre scorso, all’unanimità, ha sancito che il Friuli Venezia Giulia è una regione indenne dalla malattia di Aujeszky (Ma) che colpisce, in maniera grave, i suini. Un traguardo importante poiché il Friuli Venezia Giulia è la prima regione italiana ad arrivarci. Per capire meglio come ha operato la filiera suinicola durante i vari passaggi e quali saranno le conseguenze di questa decisione sulla stessa, abbiamo sentito Manlio Palei (nella foto in alto), direttore del Servizio regionale sanità pubblica veterinaria del Friuli Venezia Giulia che, per tutto questo tempo, ha seguito in prima persona il dossier.
Dottor Palei, perché si è voluti giungere alla dichiarazione di regione indenne?
La nostra volontà era quella di poter dare alla suinicoltura regionale la possibilità di riaprire certe attività quali le scrofaie, che pian piano erano state chiuse. Acquisendo uno status sanitario elevato, si sarebbe palesata la possibilità, per i nostri allevatori, di poter vendere suini ai Paesi vicini e, quindi, riattivare alcune scrofaie per poter far fronte alla richiesta di suinetti.
Sappiamo che si è trattato di un percorso lungo e impegnativo. Ci riassume le varie tappe e i numerosi passaggi necessari per raggiungere questo obiettivo?
È stato, effettivamente, un percorso lungo e impegnativo. È iniziato sei anni fa, con degli incontri esplorativi con gli allevatori per verificare la reale volontà degli stessi di intraprendere questa strada. Per poter chiedere di rientrare nell’Allegato I della Decisone e quindi presentare alla Commissione un programma di eradicazione della malattia, dovevamo avere le anagrafiche perfette. E qui è stato il primo scoglio, dove il lavoro dei colleghi veterinari ufficiali è risultato fondamentale ed enorme: si trattava di controllare tutti gli allevamenti della regione e intervenire sulla Banca Dati Nazionale per ottenere una fotografia reale della nostra consistenza zootecnica. Tutto questo per poter addivenire a un numero di allevamenti che, per uno rapporto scientifico - matematico, sarebbero stati sottoposti a prelievo di sangue, al fine di dimostrare alla Comunità che non vi erano allevamenti positivi. Nel frattempo gli allevatori dovevano vaccinare, impegnandosi economicamente a farlo, mentre i veterinari iniziavano i prelievi. Quando la situazione sembrava a norma, si trattava di presentare il Piano alla Commissione e, qui, abbiamo avuto degli ostacoli sia da parte del Ministero, che non spingeva affinché il nostro Piano fosse preso in visione, sia da parte di alcuni colleghi presenti a Bruxelles che, puntualmente, avevano da ridire sull’espletamento del Piano. Ho deciso così recarmi personalmente a Bruxelles a presentare il Piano, contro ogni forma di disciplinare operativo. Siamo riusciti a entrare in Allegato I e abbiamo intrapreso la strada per il traguardo finale. Nell’ultimo anno e mezzo, infatti, abbiamo vietato la vaccinazione, sono proseguiti i campionamenti voluti dal format dell’accreditamento e, finalmente, abbiamo ottenuto lo status di Regione indenne da Aujeszky: la prima e unica in Italia (se non si tiene conto della Provincia Autonoma di Bolzano).
Quali saranno i vantaggi reali per la suinicoltura regionale e con quali tempi si realizzeranno?
I vantaggi per la suinicoltura regionale saranno quelli che hanno tutti i Paesi che sono nello stesso nostro status sanitario e che ci circondano: Slovenia, Austria, Germania, Provincia di Bolzano, per non parlare di tutto il resto dell’Europa del Nord. Possiamo vendere liberamente i nostri suini a questi Paesi, ed è interessante la possibilità di avere dei rapporti commerciali con Bolzano, che ha un grande bisogno di suinetti. Viceversa, per entrare nella nostra regione, i suini dovranno avere determinate garanzie.
Si tratta di un risultato raggiunto una volta per sempre o sarà necessario vigilare ancora?
Proprio in questo momento sarà importantissimo vigilare, attuando la biosicurezza, il controllo degli ingressi in quanto ci troviamo privi di copertura vaccinale e, l’ingresso di un virus, porterebbe gravi conseguenze. Non dobbiamo, però, più fare campioni di sangue se non spot al macello, ma dobbiamo comunque tenere alta la guardia.