Psa: materiali e strumenti a rischio di contaminazione

Il virus della Psa è molto contagioso e resiste a lungo in ambiente, può quindi essere trasmesso indirettamente tramite superfici contaminate. Quali sono i veicoli più a rischio che vengono abitualmente introdotti in allevamento?

Il 7 gennaio di quest’anno è stata ufficializzata la presenza della Peste suina africana in Italia, in seguito al ritrovamento della prima carcassa di cinghiale positiva al virus a Ovada, in provincia di Alessandria. Da subito sono state introdotte le misure necessarie alla delimitazione dell’area infetta, con lo scopo ultimo di eradicare la malattia dai cinghiali e soprattutto prevenirne la diffusione all’interno degli allevamenti suinicoli. Per il momento, la Peste suina africana si trova confinata ai selvatici, tra Liguria e Piemonte, ma gli esperti concordano nell’affermare che il rischio che il virus si estenda ai suini domestici è molto elevato, in quanto nonostante le elevate misure di biosicurezza, che sono state immediatamente implementate dagli allevatori, è sufficiente un minimo errore umano per veicolare la malattia all’interno degli allevamenti.

Il virus della Peste suina africana, letale per le specie recettive (maiale e cinghiale), non rappresenta un pericolo per la salute umana, ma è estremamente contagioso e resiste a lungo in ambiente, fino a saturarlo. Quando l’ambiente è saturo, diventa quasi impossibile prevenire la contaminazione degli allevamenti, specialmente nelle aree ad elevata densità di suini domestici, quali ad esempio Lombardia ed Emilia-Romagna, che da sole ospitano più del 70% del patrimonio suinicolo italiano.

Come si trasmette la Psa?

Il virus può essere trasmesso alle specie recettive attraverso il contatto diretto con animali infetti o i loro escreti, ma anche per contatto indiretto, con materiali e strumenti contaminati. È quindi di grande interesse per tutti gli addetti alla filiera suinicola sapere quali sono i materiali a rischio, che normalmente vengono introdotti in allevamento e che potrebbero fungere da veicolo meccanico per il virus, e per quanto tempo rimangono infettanti. È necessario valutare il rischio di diffusione della patologia ed elaborare una strategia per gestirlo. Per farlo, è richiesta una conoscenza quantitativa del tempo e delle condizioni ambientali necessari a inattivare il virus in vari tipi di materiale.

L’ambiente ideale per il virus

La sopravvivenza del virus in ambiente è il requisito fondamentale per la sua trasmissione indiretta e numerosi studi si sono focalizzati sulla stabilità del patogeno, dimostrando la sua resistenza estremamente elevata a varie condizioni ambientali. Tali studi si sono inoltre concentrati sulla valutazione quantitativa dell’influenza che ha la temperatura ambientale sulla sopravvivenza del virus, dimostrando l’esistenza di una relazione inversamente proporzionale tra i due aspetti. Infatti, a -20 °C il virus rimane infettante più a lungo, mentre tra i 20 e i 25 °C ha una scarsa stabilità.

A 4 °C, la sopravvivenza del virus può variare in base alla copertura dell’ambiente in cui si trova.

Una ricerca del 2020 (Fischer et al.) ha valutato la sopravvivenza del virus Psa in tessuti infetti, in particolare frammenti di milza, conservati all’interno di diversi substrati. Da tale indagine è emerso che materiali a basso contenuto di umidità, in particolare paglia e fieno, forniscono le condizioni ideali per la conservazione di tessuti infettati dal patogeno, per cui prolungano i tempi di inattivazione del virus, soprattutto a 4 °C. Tali osservazioni indicano il ruolo potenziale di questo tipo di fomiti nel fungere da vettori meccanici per la trasmissione della Psa.

Acqua, terreno, foglie secche e cereali favoriscono invece una più rapida inattivazione del virus contenuto all’interno di tessuti infettati.

I materiali più a rischio

Nel 2021, l’Efsa è stata incaricata dalla Commissione europea di valutare quali materiali e strumenti possano rappresentare un rischio concreto di trasmissione dell’Asfivirus, responsabile della Psa.
I materiali analizzati comprendevano ortaggi, seminativi, fieno, paglia, segatura, trucioli di legno e simili.
L’Efsa ha quindi svolto uno studio retrospettivo, analizzando i meccanismi di diffusione del virus e incoraggiando gli allevatori a suggerire ulteriori tipologie di materiali a rischio da analizzare.
In tale studio, sono stati valutati innanzitutto mangimi e materie prime considerati potenzialmente contaminabili dal comitato Efsa sulla salute e il benessere animale Ahaw (Animal health and welfare).
Dee et al. (2018) hanno infatti dimostrato che non solo è possibile rilevare il virus Psa in mangimi contaminati, ma anche quantificare la diminuzione del titolo virale in funzione del tempo.
Tuttavia, esistono ancora numerosi substrati, anche ad uso non alimentare, e strumenti di cui si fa largo uso nelle aziende suinicole e per cui non è ancora stato valutato il rischio di trasmissione del patogeno. Proprio per questo motivo, è importante porre particolare attenzione a tali materiali.

Materiali per cui non è ancora stato definito un livello di rischio

Tra i mangimi:

  • semi di leguminose, loro prodotti e sottoprodotti;
  • tuberi, radici, loro prodotti e sottoprodotti;
  • altri semi e frutti, loro prodotti e sottoprodotti; - foraggi e crusca;
  • altre piante, loro prodotti e sottoprodotti: comprendono melassi, borlanda, zucchero di canna e farina di alghe marine;
  • crusca di riso o di altri cereali.

Tra i materiali da lettiera:

  • segatura e trucioli di legno, prodotti quando i ceppi di legno vengono tagliati nelle segherie;
  • torba macinata.

Mangimi Cereali, semi di cereali e loro sottoprodotti

  • Cereali essiccati: se contaminati con virus Psa dopo la lavorazione e stoccati a una temperatura media di 15°C, il virus sopravvive 30 giorni post-contaminazione;
  • Semi oleosi, frutti oleosi, loro prodotti e sottoprodotti: panello di semi di soia, soia convenzionale e soia biologica, contaminati da Psa dopo la lavorazione e stoccati per 30 giorni a una temperatura media tra 12.3 e 15 °C sono ancora positivi dopo 30 giorni dalla contaminazione;
  • Mangimi composti: ovvero misture di materie prime organiche o inorganiche, con o senza additivi, sottoforma di mangimi completi o complementari. Sono stati trovati ancora infetti da Psa dopo almeno 5 giorni dalla contaminazione quando stoccati a temperatura ambiente (22-25 °C), dopo almeno 30 giorni quando stoccati a temperature tra i 4 e i 6°C e dopo almeno 60 giorni quando stoccati refrigerati (da -16 a -20 °C).

I mangimi completi stoccati tra i 12.5 e i 15 °C sono stati trovati ancora positivi dopo 30 giorni dalla contaminazione con Psa virus.

- Additivi: ovvero sostanze, microrganismi o preparati, oltre a materie prime per mangimi e premiscele, che vengono aggiunti intenzionalmente nel mangime o nell’acqua per influenzare positivamente le caratteristiche degli alimenti, dei prodotti animali, del colore di pesci e uccelli ornamentali, delle conseguenze ambientali della produzione animale e la produzione animale stessa, così come le performance e il benessere, in particolare agendo sulla flora gastrointesinale o influenzando la digeribilità dei mangimi, per soddisfare le esigenze nutrizionali degli animali o avere un effetto coccidiostatico o istomonostatico.

Tra questi additivi, la Colina (o vitamina J), contaminata con virus della Peste suina africana dopo la lavorazione e stoccata a varie temperature (tra 12.3 e 15 °C) risulta ancora positiva 30 giorni post contaminazione, mentre non risultano più positive 30 giorni post contaminazione la Lisina e la Vitamina D stoccate alle stesse temperature. (Vedi tab. 1)

Strumenti

I dati presenti in letteratura sono purtroppo molto scarsi, tuttavia, considerata la capacità del virus di sopravvivere a un certo range di condizioni ambientali, sarebbe molto importante valutare il potenziale ruolo contaminante di:

  • sacche di tela: usate per il trasporto di semi di cereali, spesso vengono riutilizzate;
  • mezzi di trasporto: sia i mezzi destinati al trasporto di suini vivi, sia i veicoli dei visitatori che, in generale, hanno accesso agli allevamenti suinicoli.

Lettiera

Paglia: nonostante la scarsità di dati in letteratura, uno studio del 2020 (Fischer et al.) ha evidenziato la sopravvivenza del virus della Psa a 4 °C in tessuto splenico in putrefazione infetto conservato all’interno di paglia per 97 giorni. In particolare, lo studio ha rilevato che, nelle stesse condizioni, paglia, fieno e cereali risultano favorire la sopravvivenza del virus per un lasso di tempo considerevole, fornendogli condizioni ambientali stabili.

(Vedi tab. 2).

Acqua da bere

Sindryakova et al. (2016) hanno dimostrato la sopravvivenza del virus in acqua per 60 giorni, sia in acqua congelata (da -16 a -20 °C), sia refrigerata (4-6 °C), sia a temperatura ambiente (22-25 °C). (Vedi tab. 3).

E nelle carni?

Negli alimenti derivati da cinghiali e maiali infetti da Peste suina africana, il virus sopravvive a lungo, anche in seguito alla lavorazione delle carni e a processi come l’affumicatura, la stagionatura, la cottura ad alte temperature. Nella carne congelata può sopravvivere fino a mille giorni. In uno studio del 2019, il virus Psa è stato isolato all’interno di campioni di salame, pancetta e lombo rispettivamente dopo 18, 39 e 47 giorni di stagionatura. L’inattivazione del virus è stata evidenziata dopo 26 giorni di stagionatura per il salame e dopo 137 giorni per pancetta e lombata. Uno studio condotto sul Prosciutto di Parma ha inoltre evidenziato la sopravvivenza del virus nel muscolo e nel grasso per 183 giorni di stagionatura. Rispetto a prodotti come il prosciutto, la pancetta e la lonza, il salame ha il vantaggio di essere macinato, additivato con zuccheri e ricco di flora batterica (sia naturale che aggiunta), aspetti che inducono l’acidificazione della carne e l’attivazione di processi proteolitici che probabilmente interferiscono con la sopravvivenza del virus, riducendone la durata. Per questo motivo, gli studi suggeriscono che il periodo di stagionatura necessario per il salame sia sufficiente a inattivare il virus, mentre pancetta e lonza risultano ancora infettanti dopo 60 e 83 giorni di stagionatura, quando sono già in vendita.

È quindi estremamente importante, ad oggi, evitare la movimentazione di carni suine sia fresche che conservate all’interno degli allevamenti, anche nelle zone non infette, e la diffusione di scarti alimentari potenzialmente infettanti che potrebbero venire a contatto con i suini domestici e selvatici.

Il ministero della Salute ha infatti promosso una campagna di sensibilizzazione a riguardo, fornendo indicazioni di comportamento specifiche per evitare la diffusione del virus.


PSA: le raccomandazioni del ministero della salute

Chiunque provenga da aree in cui la Peste suina africana è presente può rappresentare un veicolo inconsapevole di trasmissione del virus agli animali.

È indispensabile adottare una serie di comportamenti corretti e di precauzioni per prevenire la diffusione della malattia.

Per tutti

  • Non portare in Italia, dalle zone infette comunitarie, prodotti a base di carne suina o di cinghiale, quali, ad esempio, carne fresca e carne surgelata, salsicce, prosciutti, lardo, che non siano etichettati con bollo sanitario ovale;
  • smaltire i rifiuti alimentari, di qualunque tipologia, in contenitori idonei e chiusi e non somministrarli per nessuna ragione ai suini domestici o ai cinghiali;
  • non lasciare rifiuti alimentari in aree accessibili ai cinghiali;
  • informare tempestivamente i servizi veterinari del ritrovamento di una carcassa di cinghiale.

Per i cacciatori

  • Pulire e disinfettare le attrezzature, i vestiti, i veicoli e i trofei prima di lasciare l’area di caccia;
  • eviscerare i cinghiali abbattuti solo nelle strutture designate;
  • evitare i contatti con maiali domestici dopo aver cacciato.

Per gli allevatori

  • Rispettare le norme di biosicurezza, in particolare il cambio di abbigliamento e calzature quando si entra o si lascia l’allevamento e scongiurare i contatti anche indiretti con cinghiali o maiali di altri allevamenti;
  • notificare tempestivamente ai servizi veterinari sintomi riferibili alla Psa e episodi di mortalità anomala.

Materiale informativo

Per consultare il materiale informativo prodotto dal ministero, clicca qui.

Tab. 1 - Sopravvivenza del virus Psa in matrici alimentari contaminate con materiale infetto originato da maiali o cinghiali infetti come riportato in letteratura
Categoria della matrice Matrice Range di temperatura (°C) Range di umidità (%) Numero massimo di giorni in cui il vurus è stato rilevato Prima osservazione di negatività al virus Durata dell'esperimento (giorni) Bibliografia
Semi di cereali Semi essiccati da distillatore con solubili Ambiente (15°C (media)) 75(media) 0 30 Dee et al., 2018
Semi oleosi Panello di soia Ambiente (15°C (media)) 75(media) 30 30 Dee et al., 2018
Semi oleosi Panello di soia Ambiente (12.3°C (media)) 74.1(media) 30 30 Stoian et al.,2019
Semi oleosi Soia convenzionale Room (15°C (mean)) 75(media) 30 30 Dee et al.,2018
Semi oleosi Soia convenzionale Ambiente (12.3°C (media)) 74.1(media) 30 30 Stoian et al.,2019
Semi oleosi Soia biologica Room (15°C (mean)) 75(media) 30 30 Dee et al.,2018
Semi oleosi Soia biologica Ambiente (12.3°C (media)) 74.1(media) 30 30 Stoian et al., 2019
Mangime composto Mangime completo Ambiente (15°C (media)) 75(media) 30 30 Dee et al., 2018
Mangime composto Mangime completo Ambiente (12.3°C (media)) 74.1(media) 30 30 Stoian et al., 2019
Mangime composto Mangime Congelato (-16 oC – -20oC) ≥60 60 Sindryakovaet al., 2016
Mangime composto Mangime Refrigerato (4°C – 6 C) 30 60 Sindryakova et al., 2016
Mangime composto Mangime Ambiente (22°C – 25 oC) 5 60 Sindryakova et al., 2016
Additivi per mangime Colina Ambiente (15°C (media)) 75(media) 30 30 Dee et al.,2018
Additivi per mangime Colina Ambiente (12.3°C (media)) 74.1(media) 30 30 Stoian et al., 2019
Additivi per mangime Lisina Ambiente (15°C (mean)) 75(media) 0 30 Dee et al., 2018
Additivi per mangime Vitamina D Ambiente (15°C (media)) 75(media) 0 30 Dee et al.,2018
Tab. 2 - Fischer et al., 2020 ha evidenziato la sopravvivenza del virus della Psa a 4 °C in tessuto splenico in putrefazione infetto conservato all’interno di vari substrati
Tessuto splenico infettato con Psa conservato in Temperatura Giorni sopravvivenza virus
acqua 4 °C 36
terreno 4 °C 33
foglie 4 °C 19
paglia 4 °C 97
fieno 4 °C 113
cereali 4 °C 69
Tab. 3 - Sopravvivenza del virus Psa in acqua contaminata con materiale infetto originato da maiali o cinghiali infetti come riportato in letteratura
Matrice Range di temperatura (°C) Range di umidità (%) Massimo numero di giorni in cui il virus infettante è stato rilevato Primo rilievo di negatività al virus Psa Durata dell'esperimento in giorni Bibliografia
Acqua Estate 50 Kovalenko et al.
Acqua Inverno 176 (1965)Kovalenko et al.
Acqua Congelata(-16°C - -20°C) ≥60 60 (1965)Sindryakova et al.,
Acqua Refrigerata (4-6°C) ≥60 60 2016Sindryakova et al.,
Acqua Ambiente (22-25°C) ≥60 60 2016 Sindryakova et al.,
Psa: materiali e strumenti a rischio di contaminazione - Ultima modifica: 2022-03-21T13:06:33+01:00 da K4

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