Due allevamenti, due impianti, due soluzioni diverse al problema della climatizzazione in porcilaia. Ci occupiamo, in queste pagine, di un tema molto sentito: il controllo delle condizioni climatiche nella scrofaia. Argomento delicato per molti versi. A cominciare dal fatto che – a differenza dei capannoni per l’ingrasso, dove anche nelle giornate più calde può bastare un arieggiamento deciso – per ottenere il massimo dalle scrofe è indispensabile mantenere una temperatura accettabile anche in pieno agosto. Inoltre è importante limitare il freddo in inverno, soprattutto nelle sale parto, dove i neonati potrebbero subire gravi danni per un colpo d’aria. Insomma, la scrofaia dev’essere condizionata sia in inverno sia in estate e questo pone questioni di diversa natura: economica, strutturale e – non da ultimo – ambientale, visto che per modificare la temperatura di un locale è indispensabile consumare energia, tanta o poca che sia.
Dunque diventa molto interessante analizzare le diverse possibilità che la tecnologia offre.
Ne prenderemo in considerazione due, concentrandoci principalmente (ma non esclusivamente) sull’abbattimento del calore estivo. La prima opzione è costituita da un impianto di raffreddamento di tipo tradizionale, abbinato a un sistema di riscaldamento a tubi radianti. Il secondo, invece, è un sistema meno usuale, basato sulla diffusione di acqua vaporizzata e sullo sfruttamento della geotermia per la stabilizzazione delle temperature, sia estive sia invernali. Il fatto che i due allevamenti si trovino a pochi chilometri di distanza e siano assai simili per dimensione rende il confronto ancor più interessante.
Il cooling tradizionale
Cominciamo dalla prima soluzione, il cosiddetto cooling. Dietro l’inglesismo, come sanno bene i lettori, si nasconde un sistema di raffrescamento basato su radiatori e ventilazione forzata. In pratica, prima di entrare nelle porcilaie l’aria passa attraverso un grosso radiatore, posto ovviamente all’esterno del capannone, che ne abbassa la temperatura.
L’azienda che prendiamo in considerazione per descrivere questa tecnica è la “Agrinova” di Natale Ambrosini, con sede a Romano di Lombardia. Si tratta di una scrofaia da 750 capi, “sito 1” di un allevamento a ciclo chiuso. Gli Ambrosini hanno due tipi di impianto. Il primo è manuale e si basa su un circuito di acqua a ciclo chiuso. Vale a dire che una pompa fa circolare acqua all’interno del radiatore e poi la recupera per rimetterla nuovamente in circolo. L’aria, invece, è attirata all’interno dei locali da un potente ventilatore posto sulla parte interna del sistema di condizionamento.
Il secondo impianto, più grande, è formato da un radiatore lungo quanto la parete del capannone, raffreddato non da un circuito interno ma da acqua spruzzata sul radiatore medesimo. L’abbattimento della temperatura avviene dunque per evaporazione, mentre l’ingresso dell’aria nella porcilaia è provocato dal sistema di ventilazione forzata: i ventilatori, estraendo l’aria dalla porcilaia, creano una corrente che attira nuova aria e questa, per forza, passa attraverso i radiatori. A differenza del primo impianto, un sistema di centraline e temporizzatori permette di programmare apertura e chiusura delle grate di aerazione e l’avvio dei ventilatori.
«I sistemi funzionano bene, entrambi – sostiene Natale Ambrosini – Chiaramente, il secondo ha prestazioni un po’ migliori e soprattutto può funzionare in automatico, grazie alla centralina. Il primo, invece, dev’essere azionato dall’operatore e in più non diffonde aria in tutto l’ambiente ma soltanto nella zona di ingresso. A ogni modo, dovendo raffreddare un volume inferiore, è efficace».
Problema umidità
Appunto, l’efficacia. Che potenziale hanno i due dispositivi? «Diciamo che anche nelle giornate più calde riusciamo a mantenere una temperatura accettabile: circa 30 gradi nel primo capannone e attorno a 28 nel secondo. Non risolvono, invece, il problema dell’umidità – continua il titolare dell’azienda –. Il cooling, in questo senso, non ha praticamente nessuna efficacia, visto che non fa de-umidificazione». Tuttavia, aggiunge l’allevatore, anche nelle giornate più umide il senso di caldo che si prova all’interno dei capannoni è inferiore rispetto all’esterno.
Parlando di costi, l’impianto con acqua “a perdere” è naturalmente più dispendioso di quello che attua il riciclo del liquido di raffreddamento; impossibile stabilire di quanto, tuttavia, dal momento che Ambrosini non ha mai fatto un calcolo dei metri cubi di acqua utilizzati in un giorno. Anche l’investimento iniziale è comunque superiore, vista la grande superficie radiante installata. “Nel complesso – conclude l’allevatore – sono soddisfatto, perché il sistema funziona bene e gli animali non soffrono”. Un’ultima nota per il riscaldamento invernale: oltre alle lampade, Ambrosini usa i classici tubi radianti percorsi da acqua calda.
Geotermia e vaporizzatori
A meno di 10 chilometri dalla Agrinova troviamo un allevamento assai simile. Siamo a Fornovo San Giovanni, nei pressi di Caravaggio. Qui lavora Bruno Canevisio, che alleva mille scrofe con vendita dei suini a 21 giorni dalla nascita. «Praticamente, il mercato dei 7 kg lo abbiamo creato noi», dice con una punta d’orgoglio l’allevatore bergamasco, che manda avanti l’azienda assieme alla moglie Eliana e al figlio Andrea.
Un allevamento super-specializzato come quello della famiglia Canevisio deve prestare la massima attenzione all’ambiente di vita degli animali. Non a caso, fanno molta attenzione al benessere, fino a superare gli standard europei in materia di superfici pro capite e prestando particolare riguardo nel contrasto dell’aggressività.
Quali scelte hanno fatto in materia di climatizzazione? «Quando si è trattato di decidere come controllare la temperatura, abbiamo valutato, in prima battuta, il cooling tradizionale, trovandolo però inadatto alle nostre caratteristiche strutturali – spiega Bruno Canevisio –. Abbiamo, infatti, finestre alte e questo rappresentava un problema per l’installazione dei refrigeratori. Per questo motivo ci siamo indirizzati su un sistema particolare, basato sulla vaporizzazione di acqua. È stato comunque un intervento complesso: la taratura e l’adeguamento dell’impianto ha richiesto quasi un anno».
Nelle sale parto Canevisio ha previsto un secondo impianto di condizionamento, basato sull’effetto calmierante della geotermia. «In pratica facciamo circolare l’aria di areazione in una specie di “cantina” con il fondo in terra battuta ricavata sotto il capannone – spiega l’allevatore –. In essa troviamo una temperatura costante di 10°, sia in estate sia in inverno. Passando in questo ambiente, l’aria si mitiga. In inverno si scalda mentre in estate perde almeno quattro o cinque gradi. In questo modo evitiamo di introdurre aria molto calda o molto fredda nei locali».
Nelle sale di fecondazione e nei box multipli di gestazione, invece, il riscaldamento invernale è assicurato dai classici tubi radianti. «Anche in una delle sale parto abbiamo i tubi, in aggiunta al sistema geotermico. Nell’ultima realizzata, invece, non li abbiamo messi – continua Canevisio –. Preferiamo usare una lampada in più e tenere un po’ più bassa la temperatura ambientale. In questo modo invogliamo i suinetti a coricarsi sotto le lampade, in posizione lontana dalle scrofe e quindi con minori rischi di schiacciamento».
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